La Commissione nel rapporto sull'Italia mette in luce tutti i buchi della legge, in discussione da più di un anno. I notai manterranno "ingiustificati diritti di esclusiva", gli studi legali "vengono liberalizzati sono in parte" e "i gestori dei servizi ricevono concessioni per l'utilizzo di infrastrutture pubbliche senza procedure competitive" che ridurrebbero i costi per i consumatori
“Avrebbe potuto essere più ambizioso. Non copre settori rilevanti, che restano eccessivamente protetti, e numerose disposizioni del ddl sono state in parte attenuate nel corso del dibattito parlamentare”. E ancora: “Le barriere di accesso alla professione di notaio rimangono forti e esistono ingiustificati diritti di esclusiva. Riguardo agli avvocati, gli studi legali sono stati liberalizzati sono in parte“. E “i gestori dei servizi ricevono concessioni per l’utilizzo di infrastrutture pubbliche senza procedure competitive”. Il disegno di legge sulla concorrenza, che sta proseguendo lentamente il suo iter in commissione al Senato, finisce nel mirino della Commissione europea. Che, nel rapporto sull’Italia pubblicata a febbraio, mette in luce i tanti buchi del testo varato nel febbraio 2015 dal governo, arrivato in Parlamento nell’aprile dello scorso anno e ancora in discussione. Con il risultato che l’approvazione arriverà oltre un anno dopo il varo. E occorre ricordare che una legge del 2009 prevede che l’esecutivo presenti un ddl sulle liberalizzazioni non una tantum, ma annualmente, sulla base delle proposte dell’Antitrust.
Ritardi a parte, per la Ue il testo che dovrebbe ridurre le barriere alla concorrenza a tutto vantaggio dei consumatori è deludente. “Stando a un’analisi approfondita della Commissione e agli indicatori dell’Ocse sulla regolamentazione dei settori non manifatturieri, molti aspetti delle professioni in Italia sono troppo regolate”, si legge nel report. “In particolare ci sono restrizioni sui requisiti autorizzativi e assicurativi, sulle caratteristiche degli azionisti e sui diritti di voto. E, visto l’ammorbidimento avvenuto durante l’iter parlamentare, le norme adottate affrontano solo in parte questi colli di bottiglia“.
Poi c’è il testo dolente della liberalizzazione assai parziale delle professioni: “Per la distribuzione geografica dei notai sono stati introdotti criteri meno stringenti, ma la professione resta pesantemente regolata e le barriere per i nuovi entranti alte. Ingiustificati diritti di esclusiva sono ancora in vigore e la legge li ridurrà solo parzialmente consentendo di effettuare alcuni atti societari con procedure digitali, senza bisogno di un atto notarile. In più, la proposta del governo di permettere anche agli avvocati di certificare i passaggi di proprietà di immobili del valore fino a 100mila euro è stata scartata dal Parlamento”.
Per quanto riguarda gli avvocati “gli studi legali sono stati liberalizzati sono in parte, permettendo a non professionisti di possedere quote fino a un terzo del capitale degli studi legali. Nel settore delle farmacie, la legge rilassa o rimuove una serie di limitazioni che riguardano i requisiti obbligatori e le incompatibilità dei soci, lo status legale delle società e la distribuzione geografica e numerica. Ma nel complesso questo settore resta sostanzialmente regolato. In più, nessuna azione è stata presa per ridurre le differenze di regolamentazione tra regioni, che possono ridurre la libertà di movimento dei professionisti sul territorio nazionale”.
Ciliegina sulla torta, “la legge non si occupa di settori rilevanti ancora iperprotetti. In particolare, servono misure che aumentino la concorrenza nell’allocazione delle frequenze radiofoniche, nel settore della sanità, in quello delle centrali idroelettriche, nel trasporto pubblico, nel settore dei taxi, nei porti e aeroporti“. E non manca il solito richiamo sulla burocrazia che frena l’attività economica: “La competizione in un gran numero di settori è gravemente ostacolata dai regimi autorizzativi: per esempio i gestori dei servizi ricevono concessioni per l’utilizzo di infrastrutture pubbliche senza procedure competitive” che potrebbero “ridurre i costi per i consumatori e aumentare gli introiti pagati dal concessionario allo Stato”.