“Ho sempre pensato di visitare l’Italia da turista, ma mai avrei pensato che sarebbe stato il paese dove sarei fuggito”. A parlare è Yahya Monla, uno dei novanta siriani arrivati in Italia grazie al corridoio umanitario aperto dall’Operazione Colomba con le Chiese evangeliche valdesi e la Comunità di Sant’Egidio. E’ arrivato a Leinì, un piccolo paese alle porte di Torino, insieme alla sua famiglia. Dieci persone tra cui due sorelle sordomute e un fratello disabile nativi di Homs. “La nostra casa è stata distrutta e il regime siriano mi ha condannato a morte perché non ero favorevole ad Assad – racconta Yahya, che in Siria insegnava in un’università islamica – sono stato in carcere, mi hanno torturato, ma quando hanno iniziato a prendersela con la mia famiglia ho deciso di abbandonare il paese insieme a loro”. La famiglia Monla arriva così in Libano nel 2014: ci rimarrà due anni prima di essere scelta per il trasferimento sicuro in Italia. “Avrei potuto imbarcarmi per mare, ma era troppo pericoloso – continua Yahya – Spero che altri paesi scelgano di adottare questa politica aprendo altri corridoi umanitari”
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