Matteo Renzi promette che l’autostrada Salerno-Reggio Calabria sarà finita entro Natale e bara con le carte del progetto, ma almeno là i lavori proseguono. A due passi da Palazzo Chigi, invece, a piazza San Giovanni la Metro C, la più grande opera pubblica di nuova costruzione, si è spiaggiata come una balena senza orientamento. I lavori sono fermi da dicembre 2015 e chissà se e quando riprenderanno. Renzi fa finta di non accorgersene, come si trattasse di cosa locale, considerando forse un dettaglio che il principale finanziatore dell’opera è lo Stato che partecipa per il 70% con il ministero delle Infrastrutture (gli altri sono Comune e Regione).
I cinque costruttori che sostengono di non essere stati pagati (Astaldi, Vianini-Caltagirone, Ansaldo e coop Cmb e Ccc) hanno ricevuto una lettera da Roma-Metropolitane, committente del comune di Roma, contenente un’ipotesi di tregua. In cambio dell’immediata riapertura del cantiere a piazza San Giovanni, Roma-Metropolitane si dice disposta a sborsare 102 milioni. A riprova della buona predisposizione il commissario Francesco Paolo Tronca ha autorizzato il pagamento dei primi 44 milioni assicurando il versamento del resto in un paio di mesi. La mossa, però, al momento non sta sortendo l’effetto sperato, anzi. Il presidente del collegio sindacale di Roma Metropolitane, Simplicio Giovanni Di Caterino, ha a sua volta inviato una lettera a Tronca per esprimergli mille perplessità.
Di Caterino si concentra sul famoso Atto attuativo del settembre 2013 voluto dall’allora assessore Guido Improta in base al quale in cambio dell’apertura della stazione San Giovanni entro giugno 2015, il comune di Roma avrebbe sborsato 320 milioni di euro ai costruttori. Ma sono passati 8 mesi, i soldi non pagati, la stazione non aperta e i lavori fermi. Secondo il presidente dei sindaci revisori quell’impegno di spesa non sarebbe mai stato approvato “né da Roma Capitale, né dalla Regione Lazio, né dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, né dal Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica, ndr)”. La polemica lettera del presidente dei revisori è stata ripresa dall’ex presidente dei deputati M5s, Roberta Lombardi, che in una nota recapitata a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, aggiunge un punto che, se dimostrato, sarebbe un carico da novanta: secondo la deputata Cinquestelle i soldi che Tronca sta pagando non sarebbero parte dei 320 milioni dell’Atto attuativo, ma somme aggiuntive.
I costruttori reagiscono stizziti e si dividono tra falchi e colombe: hanno visioni diverse i due gruppi maggiori, Astaldi e Caltagirone che insieme hanno quasi il 70% del consorzio Metro C. Astaldi incamererebbe volentieri la somma promessa da Tronca dimostrandosi disponibili alla riapertura del cantiere. Caltagirone, invece, è per la linea dura, preferisce lasciare fermi i lavori (almeno per ora) puntando alla resa dei conti in tribunale dove il Consorzio Metro C ha avviato un’azione contro Roma Metropolitane a metà di novembre dell’anno passato patrocinata da Marco Annoni, legale pure dell’Anas.
Mentre i protagonisti litigano dietro le quinte, vengono centellinate sulla metro C comunicazioni ufficiali soporifere e proposti di mirabolanti progetti aggiuntivi. Alla prima categoria appartiene la stima di 6 milioni di viaggiatori nel tratto in funzione tra Pantano e piazza Lodi che sarebbe la riprova del successo, mentre in realtà conferma il contrario. Tra i progetti stupefacenti va di moda quello della deviazione del tracciato fino alla Farnesina così da lambire lo stadio Olimpico in vista delle Olimpiadi 2024.
Da Il Fatto Quotidiano del 9 marzo 2016