Cosa resterà di questi tre anni? Se domani dovesse finire tutto cosa resterà del pontificato di Papa Francesco? Nulla sperano i nemici curiali di Bergoglio in attesa di poter procedere rapidamente alla tanto agognata restaurazione con tutti i simboli del potere di una Chiesa rinascimentale: dalla sedia gestatoria alla tiara, dal bacio della “sacra pantofola” del successore di Pietro ai flabelli. Segni ipocriti dietro i quali la Chiesa di Roma ha nascosto per secoli nefandezze atroci: orge, omicidi, simonie, incesti, furti. Poco importa, invece, se resterà qualcosa di questi tre anni di pontificato per gli adoratori, per mera convenienza, del sovrano di turno. Curiali addestrati da secoli a genuflettersi a Papi estremamente diversi tra loro: dal paterno Roncalli all’introverso Montini, dal timido Luciani al vulcanico Wojtyla, dal mite Ratzinger al ciclone Bergoglio. L’importante è ostentare il sorriso davanti per poi pugnalare alle spalle.

Cosa resterà di questo pontificato poco importa anche a chi sa che, nella logica dell’alternanza che da tempo vige anche nella Chiesa cattolica, a un “Papa mediatico” ne segue uno meno vendibile sui mass media. È stato così con Roncalli e Montini, poi con Wojtyla e Ratzinger e lo sarà anche con Bergoglio e il suo successore. Delusi saranno forse anche i cosiddetti riformatori, quelli che hanno eletto Francesco per demolire la Curia romana, il suo potere, il suo centralismo, le sue burocrazie a discapito di un cattolicesimo pulsante e in forte espansione in Asia, in America latina e in Africa. Delusi come gli ebrei di duemila anni fa che si trovarono a scegliere tra il pacifico Gesù e il rivoluzionario Barabba. Alla fine, davanti alla resa inerme del primo di fronte ai conquistatori romani e alle calunnie farisaiche, la scelta cadde sul secondo che, sebbene con la spada, assicurava di soddisfare gli ideali rivoluzionari dei ribelli.

Cosa resterà di un pontificato nato da un gesto, quello delle dimissioni di Benedetto XVI, inedito per la storia recente della Chiesa cattolica. Un “regno”, quello di Francesco, fatto di umiltà e servizio, di vita condivisa con gli ultimi, ieri con gli scartati di Buenos Aires, oggi con quelli di Roma e del mondo. Un Papa che pranza alla mensa con i dipendenti vaticani, nel refettorio della sua spartana residenza di Casa Santa Marta, con i clochard che dormono attorno piazza San Pietro, con i detenuti dei carceri del mondo, con i tossicodipendenti con i quali ha recentemente condiviso una pizza. È un Papa che, con il suo stile di vita prima che con le sue parole, mette in discussione continuamente duemila anni di cattolicesimo.

È un male Francesco per la Chiesa di Roma? C’è chi ne è profondamente convinto e non ha neanche il pudore di nascondere il suo pensiero. Peggio se indossa le talari filettate dei vescovi e dei cardinali. Lo si è visto nel recente Sinodo sulla famiglia con la lettera dei 13 porporati contro le possibili aperture del Papa sui divorziati risposati. È un bene Francesco per il mondo con i suoi appelli concreti in favore dei migranti e con lo straordinario successo diplomatico del disgelo tra Cuba e Usa riconosciuto dalle cancellerie di entrambi i Paesi? Tre anni sono pochissimi per tracciare un bilancio di un pontificato teso a riportare la Chiesa, con l’autorevolezza che merita, sul palcoscenico della geopolitica mondiale. Quella Chiesa “esperta in umanità”, come ebbe a dire il beato Paolo VI all’Onu, primo Pontefice a parlare in quel consesso, il 4 ottobre 1965.

Dopo tre anni di pontificato, mentre il mondo ha appena iniziato a conoscere, ad amare ma anche a odiare Bergoglio, non si può valutare appieno la sua pur accelerata opera di riforma, in due settori in particolare: economia e pedofilia. Non si può nemmeno dire se il suo riportare il ruolo del Papa a quello di un normale vescovo del mondo sia davvero un bene per la Chiesa o un male. Chissà che questa sua voglia di normalità, di andare in pizzeria, di continuare a farsi dare del tu dagli amici di una vita non porti poi il successore un domani lontano a rimettersi la tiara sul capo.

Tre anni sono decisamente pochi per dire quanto Francesco abbia inciso davvero nella Chiesa, forse molto poco, e nel mondo, forse davvero tanto. Quanto Francesco abbia scardinato il potere curiale dal di dentro, forse quasi nulla, e abbia messo in discussione i parroci di tutto il mondo che continuano a esporre fuori dalle loro chiesa i listini dei prezzi per messe e sacramenti. Eppure per Albino Luciani sono bastati appena 33 giorni per affermare la “rivoluzione del sorriso” all’interno della Chiesa. Amato e odiato che sia, Bergoglio rigetta l’audience, dentro e fuori la Curia romana, e continua a essere uomo prima di fare il Papa.

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