Nel circolo Pd Woody Allen, i due ragazzi che presidiano il seggio sono perplessi. La sezione è deserta. L’urna di cartone è su un tavolino in fondo a un corridoio; la luce della stanza è spenta. Siamo a Roma, zona San Giovanni. Si vota per eleggere il segretario nazionale dei Giovani democratici, la giovanile del Pd.La consultazione, di fatto, è naufragata in corso d’opera. Uno dei due candidati, Dario Costantino, si è ritirato ad ora di pranzo, nel bel mezzo del primo dei due giorni di gazebo. Denuncia scorrettezze e irregolarità nei tesseramenti e nelle procedure online che hanno permesso di iscriversi alle votazioni (la scadenza era il 6 marzo): “Sono venute meno – dice – anche le garanzie minime di trasparenza”.

L’infelice epilogo del congresso è il risultato di una frattura che si è allargata nel tempo: i giovani del Pd litigano da mesi, in tutta Italia. Francesca e Andrea, i due custodi solitari del seggio del Woody Allen fanno fatica a spiegare (e spiegarsi) perché: “I candidati – Dario Costantino e Mattia Zunino – vengono dalla stessa corrente, quella di Rifare l’Italia, dei ‘giovani turchi’. Sono tutti e due orfiniani. Come mai ci si divide? Bella domanda”.

Le primarie dei piccoli, insomma, riescono nell’impresa di esser peggio di quelle dei grandi. Fino a ieri, come anticipato sul Fatto, si temevano “giovani” truppe cammellate, pronte a spostarsi da un seggio all’altro per votare più volte, sfruttando il regolamento: chi ha la tessera dei Gd potrebbe farlo senza dover mostrare nemmeno un documento d’identità. Invece il ritiro di Costantino ha anticipato pure eventuali tentativi di brogli. Le elezioni vanno avanti malgrado il candidato unico (si vota anche oggi fino alle 18), ma le urne – almeno quelle romane – sono praticamente deserte. Al telefono Costantino spiega meglio la sua scelta: “La commissione di garanzia non è stata imparziale. Ci sono state gravissime irregolarità nel tesseramento: per migliaia di iscritti mancano i dati personali; mail, date di nascita, indirizzi; molti numeri di telefono sono falsi”.

A Roma, in effetti, le cifre non sembrano tornare. A circa 5 ore dall’apertura, al Woody Allen hanno votato in 2 su 150. Non va molto meglio in via dei Giubbonari, sezione storica del fu Pci, oggi a rischio chiusura per i debiti accumulati nei confronti del Comune (è una di quelle dell’ “affittopoli” capitolina). Qui gli elettori a metà pomeriggio sono quattro. Al seggio c’è il presidente dei Gd romani, Enrico Pagano. Allarga le braccia: “Non ci facciamo una bella figura”. In piazza Mazzini ci dovrebbe essere un altro gazebo, ma dei ragazzi del Pd nessuna traccia (mentre c’è un banchetto dei sostenitori di Guido Bertolaso). A Monteverde, in via Tarquinio Vipera, hanno votato in meno di 10. È vero, Costantino si è ritirato e ai suoi elettori è stato detto di disertare le urne, ma la larga maggioranza degli iscritti romani in teoria sostiene Zunino, il suo avversario. E se le tessere staccate a Roma quest’anno sono quasi 2mila, dove sono finiti tutti i giovani democratici?

Per un partito in cui gli “adulti” sono commissariati da più di un anno, nel nome della lotta ai capibastone iniziata dopo Mafia Capitale, è un bel paradosso. E non è una buona notizia per il commissario Matteo Orfini, che ai Gd è legatissimo. Costantino e (soprattutto) Zunino sono molto vicini al presidente del Pd. Un altro orfiniano di ferro è Guido Staffieri, coordinatore dei Giovani democratici romani. Proprio un anno fa i Gd incontravano Orfini e Fabrizio Barca promettendo di dare il loro contributo alla rinascita del partito capitolino, in un’iniziativa intitolata, significativamente, “Ci pensiamo noi”. Ecco, forse non è ancora il caso. Orfini, che ha già abbastanza rogne, adesso prova a prendere le distanze: “I Giovani democratici sono autonomi per statuto. Non possiamo intervenire. Comunque sono dinamiche molto interne, ne so davvero poco”.

Da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2016

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