L'esplosione è avvenuta nella stessa zona in cui il 17 febbraio era scoppiata un’autobomba che aveva ucciso 29 persone. Un funzionario della sicurezza ha riferito all'agenzia Reuters che dalle prime indagini emerge che l'attentato è stato compiuto da militanti curdi del Pkk o da un gruppo affiliato
Ancora una giornata di terrore ad Ankara. A meno di un mese da quello vicino al quartier generale dell’esercito, un’esplosione si è verificata nel quartiere di Kizilay, nel centro della capitale della Turchia, e ha provocato – ha fatto sapere il ministro della Salute Mehmet Muezzinoglu – almeno 37 morti, tra cui almeno due kamikaze, e 129 feriti, di cui 19 gravi. Poco dopo le 18.30 locali (le 17.30 in Italia), nell’ora di punta del traffico domenicale, un’auto carica di esplosivo si è schiantata contro un autobus nei pressi di una fermata, dove si trovavano diversi altri veicoli, alcuni dei quali hanno preso fuoco. Un attacco suicida destinato a fare una strage, visto che lì si trovavano decine di persone in attesa di mezzi pubblici e minibus. Secondo il prefetto, 23 persone sono morte sul posto e altre 4 mentre venivano trasportati d’urgenza in ospedale.
In serata il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha espressola sua condanna per l’attacco: “A seguito dell’instabilità nella regione, negli ultimi anni la Turchia è stata oggetto di attacchi terroristici”, scrive il capo dello Stato, senza indicare alcuna organizzazione specifica. Di fronte ad azioni che “minacciano l’integrità del nostro Paese”, continua la nota, “proseguiremo la lotta al terrorismo con ancor più determinazione”.
Le autorità turche hanno spiegato che riveleranno domani il nome dell’autore dell’attentato: “Credo che le indagini si chiuderanno domani e riveleremmo il nome dell’organizzazione responsabile”, ha detto il ministro degli Interni Efkan Ala.
Un funzionario della sicurezza ha riferito all’agenzia Reuters che dalle prime indagini emerge che l’attentato è stato compiuto da militanti curdi del Pkk o da un gruppo affiliato. L’attacco è avvenuto in una zona centralissima della capitale turca, tra il parco Guven e la piazza di Kizilay, a poca distanza anche da due fermate della metro, una zona vicina a quella in cui il 17 febbraio era scoppiata un’autobomba che aveva ucciso 29 persone. A poca distanza, i ministeri della Giustizia e dell’Educazione e gli uffici del primo ministro Ahmet Davutoglu. La zona è stata evacuata poco dopo nel timore di una seconda esplosione.
Gli Stati Uniti erano a conoscenza della possibilità di un imminente attacco nella capitale. In particolare, l’ambasciata Usa aveva emesso un ‘warning‘ l’11 marzo, pubblicando sul proprio sito un comunicato in cui spiegava di avere “informazioni in merito a un potenziale complotto terroristico per attaccare edifici governativi turchi e abitazioni situate nella zona Bahçelievler di Ankara”, invitando i cittadini statunitensi a evitare la zona e ad adottare tutte le precauzioni del caso.
Dopo l’attacco di ottobre alla stazione di Ankara, attribuito dal governo all’Isis come quello del 12 gennaio a Istanbul, per l’autobomba del mese scorso le autorità avevano puntato il dito contro i curdi del Pkk attivi in Turchia e quelli siriani del Pyd, nonostante una successiva rivendicazione del gruppo estremista curdo Tak.
L’attacco avviene mentre la Turchia è impegnata in conflitti su diversi fronti, dentro e fuori i suoi confini. Nel sud-est del Paese, le operazioni contro il Pkk hanno causato in questi mesi centinaia di morti, con decine di coprifuochi in vigore per mesi nei centri urbani. Una guerra intestina che ha spinto i gruppi curdi più radicali – come appunto il Tak – a minacciare rappresaglie nel resto della Turchia. Il partito filo-curdo Hdp, presente in Parlamento, ha subito condannato l’attacco. Il fronte siriano, con le infiltrazioni dell’Isis, rappresenta l’altra grande spina nel fianco del governo di Ankara, pur accusato da più parti di aver collaborato con i jihadisti.
Intanto, l’autorità radiotelevisiva ha subito imposto una censura ai media – come avviene regolarmente in Turchia in caso di attentati – vietando la pubblicazione delle immagini dal luogo dell’esplosione. Fortemente rallentati anche i principali social network, dove invece da subito sono circolate foto e video dell’attacco.
Matteo Renzi ha espresso il suo cordoglio al presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, e al primo ministro turco, Ahmet Davutoglu: “I terroristi devono sapere che per quanto sanguinoso sarà il loro odio non riusciranno a piegarci e scuoterci, ovunque essi colpiscano – sottolinea il premier – la risposta e la condanna della comunità internazionale sarà ferma, unanime, risoluta”.