Non ho mai considerato assurda la candidatura di Guido Bertolaso voluta da Berlusconi a Roma. Gli scandali dei massaggi sensuali al Salaria Sport Village, il processo per omicidio colposo per il terremoto dell’Aquila in piena campagna elettorale? Roba per chi ha memoria, e Silvio sa bene – l’ha visto sulla sua pelle – che in Italia non ce n’è di memoria.
Bertolaso prima degli scandali era la faccia pulita del governo Berlusconi, non aveva niente a che fare col mondo del Pdl, che giurava di non votare, né con la politica. Il suo gradimento superò il 60%. Oggi il suo spin doctor d’eccezione Silvio Berlusconi tenta di restituirci quell’immagine, quella del capo della protezione civile estraneo alla politica e perfino al suo stesso capo, l’immagine del Bertolaso prima delle dimissioni. Ecco come lo sta facendo.
Tutto parte dalle gazebarie. Che senso ha fare una consultazione con un solo nome, che non ha valore nella propria coalizione ed è priva di regole che ne impediscano l’alterazione?
Le gazebarie sono servite a due scopi. Il primo è far parlare di Bertolaso in tv e sui giornali. Rivedere Berlusconi ai gazebo, con un rinnovato entusiasmo, e tutte le polemiche che l’iniziativa ha generato nel centrodestra hanno valso l’attenzione dei media, che in effeti c’è stata.
Il secondo scopo della “gazebata” (copyright Mariastella Gelmini) è quello di far leva sul meccanismo psicologico di impegno e coerenza (R. Cialdini, 1984). Questo principio della persuasione si basa sull’impulso ad essere o sembrare coerenti. Viene chiesto un primo impegno pubblico, apparentemente dal basso costo (emotivo, economico e sociale) e non vincolante, come appunto votare un candidato ad un gazebo senza valore legale. Se gli organizzatori poi caricano di significato quel gesto, con servizi mediatici e dando risalto al fatto che si sia mostrata la propria carta d’identità al momento del voto, il partecipante si sente pubblicamente impegnato ad andare fino in fondo, ad essere elettore di Bertolaso anche alle urne, per dimostrare di essere coerente e di fare solo ciò in cui crede personalmente.
Grazie all’attenzione mediatica ricevuta nel weekend con le gazebarie, Berlusconi ha potuto poi diffondere alcuni concetti chiave del vecchio/nuovo Bertolaso. “Un politico al posto di Bertolaso? Gli riderò in faccia”, ha detto in più occasioni, ricordando che il candidato non è un politico di professione e che non vota neanche Forza Italia. E soprattutto ha parlato del Bertolaso della Protezione civile.
La narrazione che lui e Bertolaso hanno impostato serve a richiamare le sue competenze da capo della protezione civile. Il metodo consiste nel dipingere Roma come una località terremotata, in macerie. In ogni suo intervento Bertolaso parla di Roma con le buche, i topi, il degrado, la microminalita e il traffico. Tutto vero, ma parlando solo di questi problemi si racconta uno scenario postbellico, da emergenza umanitaria appunto. Mentre i problemi di Roma sono anche altri, come quelli amministrativi, delle partecipate, la corruzione e altro ancora. E’ una città che seppur male vive, non è sotto bombardamento.
Anche nel look Guido Bertolaso richiama i tempi del suo splendore. Si veste esattamente come allora: maglioncino blu con camicia azzurra sotto. In alternativa usava una polo, che sicuramente farà la sua apparizione al momento giusto.
Fa collegamenti televisivi da zone di degrado che ricordano paesi del terzo mondo, come le baracche sul Tevere e le aree piene di immondizia. Da lì Bertolaso racconta, come ha fatto a Mattino 5: “Ho salvato i profughi dalla furia dei khmer rossi, ho cercato di salvare bambini in Africa, ho assistito la gente nel fango in tutte le parti d’Italia, ho lavorato tra le macerie di San Giuliano di Puglia.” Come per dire: ad una città disastrata strutturalmente come Roma serve un capo della protezione civile, e io ho esperienza in questo.
Una strategia sensata. Dopotutto Berlusconi è il re delle campagne elettorali e sa quanto uno storytelling di questo tipo sia carico di emozioni.
Tuttavia quella di Bertolaso capo della protezione civile è una figura forte solo sulla breve distanza. Finché lo scenario è allestito da lui stesso, ovvero finché si parla da zone di degrado e si resta su quel tema va tutto liscio, ma se si esce da quel tracciato, cosa succede?
Vediamo che in questi giorni ha speso più parole Berlusconi su Bertolaso di quante ne abbia dette lui su se stesso. Bertolaso impacciato nelle risposte e la gaffe è sempre dietro l’angolo. Non ha un programma sui punti che non siano sul degrado, ed anche su questo si ferma agli slogan “tolleranza zero per il degrado” ripete spesso.
Con queste premesse, per sgonfiare il personaggio Bertolaso basterebbe accettare di farci un confronto televisivo. Esaurito il tema del degrado ed entrando sul trasporto pubblico, le case popolari, gli sprechi, la corruzione, la squadra di governo, il turismo e la cultura Bertolaso rivelerebbe il nulla dietro di sé. Tipico dei candidati che vengono tirati in mezzo, i quali non hanno avuto il tempo e l’intenzione di costruire un progetto politico e un programma reali.
Un avversario consapevole di questo non si tirerebbe indietro da un confronto con lui. Bertolaso, al contrario, dovrebbe evitare il rischio. Ma con uno spin doctor come Berlusconi dubito che si potrà rinunciare anche ad un solo minuto di tv. Lui punta solo su quel mezzo, che è quello di riferimento per il target di età avanzata di Forza Italia. Bertolaso, il (figurativamente) capo della protezione civile, è la persona che più di tutti ha bisogno di protezione.