La Russia spariglia le carte nella partita del gas. Dopo aver puntato tutto sull’Europa del Nord, con l’abbandono dei gasdotti del Sud (South Stream e Turkish Stream) e il raddoppio del Nord Stream che attraverso il Mar Baltico porterà il gas dalla Russia alla Germania, ora Gazprom fa un passo indietro e torna a guardare all’Italia. Si profila dunque una nuova strategia di Mosca anche se il filo conduttore è sempre lo stesso: il tentativo di portare più gas possibile agli Stati membri bypassando l’Ucraina. Gazprom, la francese Edison e la greca Depa hanno firmato un memorandum di intesa per la fornitura di gas russo all’Italia via Mar Nero e Grecia rilanciando l’Itgi, in stallo da tempo. Il tutto sempre senza passare per Kiev.

Una sorta di riesumazione del South Stream di Eni definito dal premier Matteo Renzi, quando Mosca lo accantonò, non più strategico.”Il South Stream è un progetto che noi non consideriamo in questo momento fondamentale per l’Italia, quindi la decisione di bloccarne la realizzazione non costituisce per noi un elemento di preoccupazione immediata”, aveva detto Renzi a dicembre 2014. Ma evidentemente le cose non stavano proprio così. Con la nuova rotta dell’Itgi “Edison diversificherebbe le fonti e le rotte di approvvigionamento dell’Italia contribuendo a farne un hub del gas verso l’Europa”, si legge in una nota di Foro Buonaparte. Del resto nel 2019 arriveranno a scadenza due accordi fondamentali per la sicurezza del sistema energetico italiano: quello per il transito del gas russo attraverso l’Ucraina e quello per il gas algerino attraverso la Tunisia.

L’Italia ha quindi fretta di trovare vie alternative per rifornirsi, nonostante da mesi faccia intendere di non aver così bisogno del gas russo e di poter diventare comunque un hub grazie alle nuove scoperte di Eni in Africa e Medio Oriente, come quella del mega-giacimento egiziano di Zhor. E nonostante lo stesso Renzi abbia accusato di doppiogiochismo e incoerenza la cancelliera tedesca Angela Merkel, perché l’accordo sul Nord Stream 2 sarebbe in contraddizione con la politica Ue di sostegno all’Ucraina. Con l’annuncio dell’Itgi il quadro quindi ora cambia. E non solo per l’Italia ma anche per tutti i Paesi dell’Europa centro-orientale, che considerano le ultime mosse di Mosca, in particolare il raddoppio del Nord Stream, una strategia per essere definitivamente tagliati fuori dal grande gioco del gas, oltre che un modo per bypassare Kiev. Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca sono arrivate ad accusare l’Unione Europea di “tradimento” perché non si è opposta con forza al progetto. Cosa ne pensano ora dell’accordo sull’Itgi?

Ma il nuovo gasdotto riapre i giochi, creando un certo scompiglio, anche dentro i confini italiani. L’Itgi approderebbe infatti in Puglia, proprio come il Tap di Snam, Fluxys, Bp e Enagas, che – secondo i progetti – partirà dall’Azerbaigian passando per Turchia e Grecia per approdare in Salento nei pressi della spiaggia di San Basilio a San Foca. L’infrastruttura ha appena ottenuto il via libera da Bruxelles e l’inizio della costruzione è previsto per metà anno per portare il primo gas in Europa dal 2020 (sono previsti ogni anno dieci miliardi di metri cubi di gas azero per cinquanta anni). Insomma gli azionisti del Tap avrebbero a che fare con un nuovo importante competitor. E tra questi c’è anche, con una quota del 20%, l’italiana Snam, società controllata dal ministero dell’Economia tramite la Cassa Depositi e Prestiti e partecipata da Eni. Edison tuttavia cerca di rassicurare: il progetto è “complementare alle direttrici già esistenti o in fase di sviluppo come Tap e Nord Stream 2“.

Effettivamente, l’Italia ha bisogno di smisurati quantitativi di gas per realizzare l’ambizioso progetto di diventare un hub. Vista così i due tubi potrebbero convivere senza alcun problema. Piuttosto, bisognerà vedere come reagirà la popolazione locale: data la forte opposizione espressa finora contro il Tap, qual è la posizione dei pugliesi di fronte all’idea di far approdare nelle loro terre non più solo un tubo ma ben due?

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