Non esiste giocatore più decisivo in Serie A di lui. C’è la sua firma su 53 dei 63 punti azzurri. Dal punto di vista prettamente numerico, forse neppure Maradona è stato così fondamentale. Altro lato della medaglia: l'attacco del Napoli non ha alternative
Il teorema di Higuain dimostra che quando il Pipita segna il Napoli vince. Ormai è quasi una legge matematica. Lo dicono i numeri: non esiste giocatore più decisivo in Serie A di lui. C’è la sua firma su 53 dei 63 punti azzurri. Dal punto di vista prettamente numerico, forse neppure Maradona è stato così fondamentale per il Napoli dello scudetto. Anche ieri a Palermo è andato in scena l’ennesima applicazione della regola: gol (su rigore, dubbio) di Higuain, vittoria del Napoli. Se la stagione del Napoli è straordinaria, se Sarri è riuscito a superare i punti fatti l’anno scorso da Benitez a nove giornate dalla fine del campionato, il merito è soprattutto suo.
Guardando il film del campionato, è difficile ricordarsi di una vittoria del Napoli senza lo zampino di Higuain. E non è un difetto di memoria. È successo solo due volte: alla settima giornata, nella lezione di calcio rifilata al Milan a San Siro (finì 4-0 con Insigne mattatore), e alla diciottesima, 2-1 sofferto al San Paolo contro il Torino. Da allora o il Pipita segna o il Napoli resta fermo al palo. Per fortuna degli azzurri quest’anno ha timbrato il cartellino quasi sempre: 20 volte su 29 giornate. Viceversa, quando lui segna è quasi impossibile che la squadra non porti a casa il risultato pieno. Anche in questo caso si contano appena tre eccezioni: due pareggi, contro Sampdoria (2-2) e Fiorentina (1-1), e una sconfitta (3-2 a Bologna). Una frequenza folle che a livello individuale vale ovviamente il primato nella classifica cannonieri (dove il secondo, Dybala, insegue a 13 lunghezze di distanza, e anche il record storico di Angelillo – 33 reti – del 1959 non è irraggiungibile). E che per il Napoli si traduce in quella che probabilmente sarà (almeno a livello di punti, se non di titoli) la miglior stagione di sempre in Serie A. Sarebbe ingiusto sminuire il grande lavoro di Sarri riducendolo ad una semplice statistica e ad un solo giocatore: a differenza dello scorso anno, il Napoli oggi è una squadra vera, che ha fatto enormi progressi in difesa (da apprendista calciatore Koulibaly è diventato uno dei migliori centrali d’Italia, ad esempio), corre dal primo all’ultimo minuto e diverte sempre i suoi tifosi. Ma il ruolo centrale di Higuain in questo salto di qualità è ineludibile. Certo, ogni dipendenza, anche la più virtuosa, ha le sue controindicazioni: l’incapacità (ma forse la mancanza di volontà) di trovare soluzioni alternative; la subordinazione di giocatori di carattere come Insigne e Hamsik; la relegazione ai margini di Manolo Gabbiadini, riserva di lusso che avrebbe potuto essere l’uomo in più della stagione partenopea, e invece si è abituato ad essere solo un rincalzo anche per colpa dei numeri mostruosi del Pipita.
Le grandi squadre, però, non dipendono quasi mai soltanto da un campione. Anche la Juventus ha ormai in Dybala la sua stella incontestata, ma da febbraio a metà marzo, quando l’argentino si è eclissato segnando appena due gol in un mese e mezzo, ha comunque vinto sette partite su otto. Se invece Higuain si fermasse per un intervallo così lungo, numeri alla mano il Napoli rischierebbe di scivolare in zona Europa League. Per fortuna degli azzurri il problema non si pone: questo è l’anno di Higuain. E se hai un giocatore del genere a disposizione, e azzecchi l’annata giusta, puoi fare cose straordinarie. Contro una Juventus così completa, però, al massimo arrivi secondo.