Il prelato spagnolo, vicino all’Opus Dei e accusato di essere il principale “corvo”, ha ammesso di avere "passato documenti ai giornalisti" e descritto un clima di pressioni e condizionamenti subiti da Francesca Chaouqui. Che "diceva di essere la numero due dei servizi segreti italiani". E, prosegue il sacerdote, quando gli disse di volere "chiedere aiuto alla mafia", "organizzò un pranzo con Luigi Bisignani, Paolo Berlusconi e Gianni Letta"
“Ho passato i documenti ai giornalisti. Francesca Chaouqui mi disse: ‘Chiediamo aiuto alla mafia’ e organizzò un pranzo con Luigi Bisignani, Paolo Berlusconi e Gianni Letta”. Lo ha ammesso monsignor Lucio Angel Vallejo Balda davanti ai giudici vaticani nell’udienza del processo Vatileaks 2 ripreso dopo una pausa di oltre tre mesi per l’acquisizione delle perizie informatiche sui cellulari di alcuni imputati. Il prelato spagnolo, vicino all’Opus Dei, accusato di essere il principale “corvo”, in tre ore di interrogatorio ha fatto ammissioni importanti. Inclusa quella di avere “passato documenti ai giornalisti”, oltre a descrivere un clima di pressioni e condizionamenti che dopo il termine dei lavori Cosea (Commissione referente per lo studio degli affari economici e amministrativi, ndr) subiva da Francesca Chaouqui, ex membro della Commissione di controllo dei Conti vaticani.
“Ho dato a Nuzzi 5 pagine con 87 password della commissione Cosea ma avevo l’impressione che le avesse già perché nel suo libro Via crucis sono pubblicate versioni non aggiornate dei documenti mentre io gli avevo passato quelle aggiornate. La Chaouqui, arrabbiata per non essere entrata nel Consiglio per l’economia e per non avere più un lavoro dopo essere stata nella Cosea mi disse: ‘Qua dobbiamo cercare aiuto e l’unico aiuto possibile è la mafia’. Diceva di essere la numero due dei servizi segreti italiani e un giorno mi disse che l’ambasciatore americano mi chiedeva di vedere Obama. Era tutta una sceneggiata per mostrare quanto era potente”.
Monsignor Vallejo Balda ha confermato le precedenti deposizioni avvenute dopo l’arresto e il memorandum difensivo anche se ha precisato: “Non l’ho scritto io, ma mi hanno aiutato”. I magistrati vaticani gli hanno chiesto di chiarire questa “commissione ombra” che, secondo alcuni testimoni sarebbe stata creata all’interno della Cosea e della prefettura per gli Affari economici, di cui il monsignore era il numero due. In particolare gli è stato contestato di aver prelevato diverse volte dall’archivio del dicastero economico vaticano documenti senza farne richiesta scritta. Per il prelato “era assurdo che il segretario non potesse prelevare documenti” e ha dichiarato di aver sempre lasciato registrazione di tutto ciò che ha fatto. Vallejo Balda ha confermato anche il furto di alcuni di essi, avvenuto nel marzo 2014 all’interno dei locali della prefettura, per questo i documenti erano stati messi nell’armadio del suo ufficio e, in un secondo momento, nella stanza 127 di Casa Santa Marta dove avevano chiesto e ottenuto dal Papa di conservare l’archivio della Cosea.
“Avevo la certezza morale – ha dichiarato il prelato spagnolo ai giudici – che dietro Francesca Chaouqui c’erano altri interessi non completamente legittimi. Dietro di lei c’è un mondo pericoloso e Fittipaldi in una conversazione mi ha detto che in questo mondo c’è anche Nuzzi”. Vallejo Balda ha spiegato che il marito della Chaouqui, Corrado Lanino, aveva creato il sistema informatico della Cosea e in precedenza anche quello dello Ior. “Nel Natale 2014 – ha affermato ancora il prelato – la Chaouqui mi chiese di organizzare un concerto con la Cappella Sistina a San Pietro in Montorio con la onlus spagnola Messaggeri della pace. Quella volta ho aperto gli occhi e ho capito che lei mi sfruttava perché prima hanno usato il mio nome per far cantare il coro del Papa e poi mi hanno fatto fuori. Furono raccolti dagli sponsor circa 300mila euro e la Chaouqui non mi diede conto di questi soldi. Alla fine ne furono spesi solo 30mila di cui 15mila per pagare la Cappella Sistina”. Vallejo Balda ha raccontato anche della notte in cui la pr calabrese si presentò nella sua stanza d’albergo a Firenze in “atteggiamento seduttivo”: “Ho sofferto molto per quello che è accaduto. Dopo l’estate del 2014 Francesca mi voleva conquistare in tutti i modi. Diceva di volermi bene. Per una persona normale era una situazione molto compromettente e mi sono sentito molto a disagio come sacerdote”.
Unico imputato a essere assente all’udienza era Nuzzi impegnato in un processo penale a Milano e i giudici hanno deciso di procedere in contumacia ma, ha precisato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, “se gli interrogatori saranno ancora in corso quando deciderà di presentarsi nuovamente potrà inserirsi nel normale andamento del processo”. L’avvocato della Chaouqui, Laura Sgrò, ha chiesto ai giudici di poter leggere in aula la lettera che la sua assistita ha scritto al Papa chiedendo di essere sciolta dal segreto pontificio. Dopo trenta minuti di camera di consiglio i magistrati vaticani hanno deciso di acquisirla insieme alle cartelle cliniche dell’imputata, incinta di sei mesi, che ha dichiarato di soffrire di perdite ematiche continue, di essere spesso al pronto soccorso e di rischiare un parto prematuro. L’avvocato della Chaouqui ha inoltre chiesto ai giudici spiegazioni sul nuovo arresto di monsignor Vallejo Balda, accusato di aver inquinato le prove. Una domanda alla quale i magistrati hanno risposto, spiegando che anche se i fatti oggetti del processo sono avvenuti in passato è sempre possibile alterare le prove giudiziarie.
Twitter: @FrancescoGrana