Lo ha chiesto il presidente di sezione Angelo Buscema, in audizione sulla riforma varata dal governo. Che l'Ufficio parlamentare di bilancio promuove perché permetterà di contenere i "residui passivi", cioè le somme impegnate dallo Stato ma non ancora spesa. Però il Parlamento va coinvolto di più nella programmazione invece che presentargli la legge di Stabilità come cosa fatta
“Una maggiore comprensione delle decisioni di spesa, di un più immediato legame con i risultati dell’azione amministrativa, non può prescindere dalla necessità di rendere trasparente il raccordo delle previsioni di bilanci con le autorizzazioni legislative che ne costituiscono il presupposto”. Così il presidente di sezione della Corte dei conti, Angelo Buscema, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sugli schemi di decreto che riformano il bilancio dello Stato con l’obiettivo tra l’altro di rendere più facile, per la pubblica amministrazione, tenere sotto controllo l’andamento di fabbisogno e debito. Il magistrato contabile ha sottolineato che la pubblicità è la base per garantire il “principio di trasparenza e leggibilità delle poste di bilancio” e anche “per il cronoprogramma e l’informativa”.
I due schemi di decreto, approvati dal consiglio dei ministri il 10 febbraio e ora all’esame delle commissioni Bilancio di Camera e Senato, hanno incassato intanto il via libera sostanziale dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Che chiede però al governo di coinvolgere il Parlamento nell’allocazione delle risorse prima di scrivere la legge di Stabilità, invece che presentargliela a ottobre come cosa fatta. “Le nuove norme vanno nella direzione giusta: modificare le modalità di iscrizione delle spese di competenza al fine di assicurare che le previsioni, già all’origine, tengano conto della spendibilità per cassa delle somme, ponendo le basi per migliorare la capacità dell’amministrazione di programmare le uscite”, ha commentato Giuseppe Pisauro, presidente dell’organismo indipendente incaricato di verificare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del governo e valutare il rispetto delle regole di bilancio. Tradotto: per lo Stato sarà più facile tenere sotto controllo l’andamento di fabbisogno e debito.
Pisauro ha promosso lo sforzo per potenziare il bilancio di cassa e contenere la formazione dei residui passivi, vale a dire le somme impegnate dallo Stato ma non ancora spese. L’Italia, ha spiegato in audizione, ha un bilancio costruito prevalentemente secondo un criterio di competenza giuridica, che rappresenta una “peculiarità nel panorama internazionale”, visto che la maggior parte dei Paesi avanzati applica già ampiamente il criterio della cassa. Il criterio giuridico “tende a sopravvalutare gli impegni e può portare al gonfiamento dei residui passivi”. Con il risultato che a fine 2014 i residui sul bilancio dello Stato ammontavano a 112 miliardi di euro su un totale di spesa di circa 800 miliardi, “una cifra di tutto rilievo”, ha sottolineato Pisauro. Di questi circa un terzo, ovvero 38 miliardi, riguardano le relazioni finanziarie con le autonomie territoriali, “ma sono frutto del modo di contabilizzare le cifre, perché buona parte delle somme trasferite dallo Stato agli enti assumono la forma di compartecipazione, non sono il sintomo di chissà quale problema tra Stato e Regioni”.
Al completamento della riforma manca però ancora un tassello. Secondo Pisauro, infatti, il Parlamento andrebbe coinvolto in tutte le fasi del processo di formazione del bilancio. “Il Parlamento approva gli obiettivi del Def, ma anche nel quadro qui disegnato, che rappresenta un progresso rispetto al quadro attuale, manca il suo coinvolgimento in tutto ciò che c’è in mezzo” tra il momento in cui vengono fissati gli obiettivi e la legge di Stabilità. “Su ognuno dei passaggi principali sarebbe auspicabile il coinvolgimento di tutti gli attori che partecipano al processo”.