Criminalità, disoccupazione, l’arrivo di migliaia di migranti, l’esplosione di nuove povertà sono le principali paure che colpiscono i cittadini. Ma qualcosa, negli ultimi anni, sta cambiando. O meglio, “la realtà delle cose è diversa dalla percezione che le persone vivono ogni giorno”. A sostenerlo è il “IX° Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa“, realizzato da Fondazione Unipolis, in collaborazione con Demos&Pi e Osservatorio di Pavia, con la direzione scientifica del professor Ilvo Diamanti, dell’Università di Urbino. Questo studio spiega però come l’incertezza venga “riprodotta e moltiplicata dalla rappresentazione mediale. In particolare, dall’immagine rilanciata e rifratta dalle tv“. La sensazione di pericolo c’è, in primis l’incertezza economica e politica, ma “sono sempre più marcati i segnali di cambiamento”, “le paure emerse inquietano meno che in passato”, scrive Diamanti nella presentazione del rapporto.

La grande fobia è il terrorismo – In Italia, le fobie legate alla criminalità colpiscono quote di popolazione sensibilmente inferiori rispetto al 2015: 7-10 punti percentuali in meno. Ma circa 15, rispetto a gennaio 2014. Anche se continuano a coinvolgere un italiano su due. I timori sollecitati dalla criminalità – comune e organizzata – preoccupano una componente ampia, ma più ridotta della popolazione. Intorno al 40%, in lieve calo negli ultimi anni. Ma molto ridimensionata – 10 punti in meno – rispetto al 2012, considerato dal professore universitario “l’anno della Paura”. Nel rapporto emerge che in testa ai timori dei cittadini c’è l’insicurezza “globale”, legata al moltiplicarsi di guerre e attentati terroristi in tutto il mondo. Infatti qualcosa è cambiato, in negativo, dopo gli attacchi effettuati dagli jihadisti a Parigi, che hanno voluto colpire “il cuore dell’Europa”. La preoccupazione sollevata dagli atti di terrorismo, infatti, coinvolge quasi il 44% degli italiani: il livello più elevato degli ultimi anni, quasi 15 punti in più rispetto al 2010.

La paura dell’instabilità mondiale – Ma non è soltanto la paura della crescente instabilità dell’ordine mondiale a preoccupare, ma anche il timore di essere vittima diretta di disastri naturali, come terremoti, alluvioni o incidenti causati dal dissesto idrogeologico.  Le persone che sono maggiormente spaventate sono quelle che guardano almeno quattro ore di televisione al giorno, di questi 9 su 10 si definiscono spaventati “a morte”. Si tratta di “un pubblico ben definito – precisa Diamanti – composto da persone mediamente più anziane, meno istruite. Perlopiù donne. Sole. Perché la solitudine è un moltiplicatore dell’angoscia. Anche perché le donne sono, sempre più, vittime di molestie e, soprattutto, violenza domestica. Un fenomeno che, peraltro, quasi l’85% della popolazione considera (molto o abbastanza) diffuso”. Le insicurezze che riguardano gli italiani hanno diverse chiavi di lettura: in primo luogo, la spettacolarizzazione della paura, alimentata dai media e sfruttata in maniera ideologica dai partiti di destra, che propongono sempre maggiori politiche “securitarie” e “xenofobe”. Lo stesso trend si osserva anche nei paesi europei dove l’Osservatorio sulla Sicurezza ha condotto i propri sondaggi, nelle scorse settimane. Terrorismo e immigrazione si impongono fra le priorità in Francia, Gran Bretagna e Germania. In misura diversa. Perché in Francia, ovviamente, il terrorismo registra l’impatto maggiore, mentre britannici e tedeschi sono preoccupati di più per l’immigrazione.

Come reagiscono i giovani – Il rapporto spiega che sono soprattutto i giovani a essere meno spaventati: “Non sembrano né gravati né oppressi dalle paure globali”. Tutti gli indici di insicurezza, infatti, scendono fra i giovani. In particolare, fra i ragazzi della fascia d’età 15-24 anni. Diversamente da coloro che hanno tra 25 e 34 anni, considerati la “generazione di passaggio”,  fra studio e lavoro, famiglia e autonomia: “una generazione sospesa”, più preoccupata per il futuro che per il presente. Di loro il 50% ritiene che, per cercare buone opportunità, è meglio andare all’estero. “I giovanissimi e i giovani-adulti guardano altrove, oltre confine, perché, come si è detto, non sono afflitti da paure globali. Anzi, considerano il mondo un ambiente e uno spazio da conoscere”.

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