La squadra lombarda, che milita in Lega Pro, del titolare del fondo Pingy Shanghai Investment ha ricevuto una richiesta di fare chiarimenti dalla Covisoc. L’ex direttore generale della società finanziaria, Massimo Londrosi, ha deciso di presentare un esposto alla Guardia di Finanza e alla Procura federale: "Quanto sta accadendo è poco trasparente"
Un flusso di soldi di incerta provenienza da Hong Kong e un bilancio allarmante in profondo rosso. Sono le “ombre cinesi” dietro i sogni del Pavia: dal 2014, infatti, la squadra lombarda, che milita in Lega Pro, è di proprietà di Xiadong Zhu, titolare del fondo Pingy Shanghai Investment e della sua propaggine italiana “Agenzia per l’Italia”, società di promozione finanziaria per gli investitori cinesi. Sembrava l’inizio di una nuova era ma sui conti aleggiano diversi sospetti: una gestione non propriamente virtuosa, come testimonia il bilancio; soprattutto, una serie di bonifici dall’estero su cui non è stata fatta totale chiarezza. Al punto che l’ex direttore generale della società, Massimo Londrosi, ha deciso di presentare un esposto alla Guardia di Finanza e alla Procura federale: “Quanto sta accadendo a Pavia è poco trasparente e mi fa dubitare sull’origine dei soldi e i reali interessi della proprietà”, denuncia a ilfattoquotidiano.it. “Ho chiesto alle autorità di verificare eventuali illeciti”.
BILANCIO IN ROSSO – Nell’ultimo anno nelle casse del Pavia, società già in difficoltà con la precedente amministrazione, si è aperta una voragine: il bilancio 2014-2015 si è chiuso in rosso di 7,2 milioni di euro. Non una rarità per le squadre di Lega Pro (spesso in perdita), ma in questo caso lo squilibrio è marcato: le entrate toccano appena il milione di euro, mentre le spese esplodono in varie voci. A fronte di un costo del personale in linea con le big della categoria (4,8 milioni di euro), ci sono 1,2 milioni di “servizi” non meglio specificati e oltre 500mila euro di “oneri diversi di gestione”. Infatti anche la relazione di bilancio ammette che “la società risulta altamente esposta sotto il profilo finanziario”: “È evidente che l’obiettivo di accedere ai campionati di categorie superiori comporta il sostenimento di costi significativi non supportati dai ricavi”. Sul campo la squadra è in lotta per i play-off (gli azzurri sono sesti in classifica) ma il futuro è un’incognita: “La prospettiva di continuità dell’attività potrà essere garantita esclusivamente dall’intervento dei soci”.
QUEI VERSAMENTI DA HONG KONG – Se i cinesi un giorno dovessero stancarsi, insomma, sarebbero guai. Ad oggi, infatti, le perdite risultano ripianate dalle immissioni di liquidità del presidente. Ma è proprio qui che la vicenda si fa poco chiara. I soldi che tengono in piedi il Pavia sono davvero di Zhu? A riguardo anche la Covisoc, l’organo preposto al controllo delle società professionistiche, ha sollevato dei dubbi. Siamo nel maggio del 2015: i contabili rilevano che i soldi allogati nella riserva di patrimonio netto destinata alla copertura delle perdite (fondamentale per l’iscrizione al campionato), sono di provenienza incerta. Cinque versamenti da centinaia di migliaia di euro ciascuno, effettuati da due compagnie straniere (Fingered Media Company Limited e Tat Wai Trading), per un totale di oltre un milione e mezzo di euro. Il presidente Zhu li qualifica come “finanziamenti di soci in conto capitale”. Ma qualcosa non quadra: “Non è chiarito il legame tra i terzi in esame ed il socio che ha autorizzato l’appostazione”, scrive la Covisoc. “Inoltre, va ancora ricordato che tutti e tre i soci del Pavia sono domiciliati nel territorio nazionale, mentre i finanziamenti provengono da Hong Kong e non è chiarita la ragione per cui gli stessi non siano stati diretti ai soci stessi”.
I DUBBI DELLA COVISOC – La Covisoc, insomma, si domanda da dove vengano questi soldi. E a quel punto Londrosi, all’epoca direttore generale, chiede alla proprietà di fornire informazioni sugli intestatari dei conti e una loro rinuncia al credito, in modo da mettere in regola la società. La soluzione di Zhu, però, è diversa: il presidente dichiara che quei soldi sono suoi. “Le somme – scrive – provengono da fondi della Pingy Shanghai, di cui ho piena disponibilità e pertanto sono state versate a favore della società nella mia qualità di socio”. Una semplice autocertificazione che basta per aggiustare il bilancio. Ma non chiarisce tutti gli interrogativi, come spiega a ilfattoquotidiano.it un esperto di contabilità sportiva, ex commissario Covisoc. “Innanzitutto non sappiamo se il collegio sindacale abbia segnalato quest’anomalia all’Ufficio Italiano Cambi, per mettere in moto le dovute verifiche antiriciclaggio. Di certo, la rinuncia crediti da parte di terzi crea una sopravvenienza attiva tassabile: per questo le autocertificazioni finiscono spesso nel mirino del fisco. Se quei soldi sono davvero di sua proprietà, fornire le informazioni sui conti sarebbe stato nell’interesse del presidente, per non incorrere in possibili controlli e sanzioni. Nel migliore dei casi – conclude l’esperto – siamo di fronte ad un problema fiscale, nel peggiore a delle questioni più serie”.
GLI ESPOSTI DELL’EX DG – Dopo il carteggio con la Covisoc e le richieste di chiarimenti, Londrosi è stato allontanato nel luglio del 2015. E ha deciso di presentare un esposto sia alla Guardia di Finanza (per quel che riguarda i fondi esteri), sia alla Procura della Figc, per un bilancio “falso o quantomeno redatto in maniera scorretta” (su cui è stato già ascoltato dagli investigatori federali). Alle autorità il compito di indagare. Intanto il campionato va avanti, gli azzurri lottano per le posizioni di vertice nel Girone A di Lega Pro, i tifosi sognano una storica promozione in Serie B che manca da 60 anni. Con alle spalle la proprietà cinese e i soldi che arrivano da Hong Kong, o chissà dove.