Mattia Zunino, insieme ad altri giovani dirigenti dem, aveva sparato a zero sui magistrati che si occupavano dell’inchiesta sulla centrale a carbone di Vado. Una spina nel fianco dei poteri forti savonesi e del Pd, per cui finirono indagati l’allora governatore Claudio Burlando con tutta la sua giunta
Due anni fa sparava a zero contro i pm che indagavano sulle morti provocate dal carbone. Oggi il savonese Mattia Zunino è stato eletto segretario nazionale dei Giovani Democratici.
Era proprio il 13 marzo 2014 a Savona. Giorni tesi, tesissimi. La Procura lancia l’inchiesta sulla centrale a carbone di Vado Ligure che, secondo le perizie dell’accusa, avrebbe causato la morte di 440 persone, senza contare centinaia di casi di malattie respiratorie e cardiache. Una spina nel fianco dei poteri forti savonesi e del Pd. Viene indagato l’allora governatore Claudio Burlando con tutta la sua giunta (compresa Raffaella Paita). Non solo: il centrosinistra aveva sempre avuto una posizione cauta, se non favorevole, nei confronti del carbone. Mentre le manifestazioni culturali del Comune – centrosinistra – in passato sono state sponsorizzate anche da Tirreno Power, società che gestisce l’impianto.
Così improvvisamente una sera sulle bacheche Facebook dei giovani dirigenti Pd ecco comparire messaggi al vetriolo nei confronti dei magistrati impegnati nell’inchiesta. Uno in particolare: il procuratore Francantonio Granero. “È un casino che scoppia perché così un procuratore va in pensione sentendosi fiero di aver fatto un ottimo lavoro. (…) Da quanti anni è che il Pd se ne preoccupa difendendo i lavoratori (…) e adesso arriva sto scemo dopo anni”, scrive il giovane dirigente dem Andrea Spartaco Di Tullio. Opinione condivisa da Giulia Benzo, allora segretaria dei Gd della città. I provvedimenti contro la centrale sarebbero frutto “di una soddisfazione personale (…) di una rete di associazioni radical chic e finto-ambientaliste”. Una bordata dietro l’altra, fino alla chiosa finale proprio di Mattia Zunino che già allora era nella segreteria nazionale Gd: “Domani un magistrato, ispirandosi alle parole dei suoi colleghi di Taranto o Savona (…) potrebbe chiedere il sequestro di tutti i furgoni, auto, motorette, camion e corriere”.
Non proprio ragazzate, perché a scrivere non erano soltanto i dirigenti – seppur giovanili – del partito. Di più: a Savona dove il potere e le cariche di partito sembrano trasmettersi per via ereditaria, come nelle monarchie, Di Tullio e Zunino sono figli di due pezzi grossi del Pd cittadino. Che tra l’altro si trovano uno contro l’altro anche nelle prossime primarie per la poltrona di sindaco.
Andrea Spartaco Di Tullio è figlio di Livio Di Tullio, in politica da una vita, oggi vice-sindaco e candidato anti-renziano alle primarie. Quel Di Tullio che recentemente al Fatto ha detto: “Non esiste, a parte la consulenza della Procura, uno studio che provi i danni della centrale a carbone sulla salute”. Mattia Zunino, invece, è l’erede di Massimo Zunino, campione del potere che ha governato Savona per decenni. Quel Zunino che era assessore all’Urbanistica nella stagione dell’abbuffata cementizia di Savona. Poi diventò parlamentare per ritrovarsi a fine mandato presidente della compagnia aerea delle Poste. Proprio lui, sorridono in città, “che tornava sempre da Roma in treno”. Oggi Zunino è un grande elettore di Cristina Battaglia, candidata renziana alle primarie. Insomma, che vinca Di Tullio o Battaglia su cemento e carbone i savonesi hanno già un’idea di cosa aspettarsi.