Perché stupirsi? Finita l’epoca nella quale era auspicabile un piccolo (meglio grande) sforzo di creatività, nella comunicazione, per riuscire a stupire non con le bastonate, ma con l’intelligenza.

Comunque sia, e per quanto ormai l’assuefazione abbia travalicato ogni limite possibile, le tette, i culi e i doppi sensi sessuali da birreria (o cena elegante, tanto è uguale) vendono sempre e vendono bene, preferibilmente se sono un po’ violenti, con il retrogusto della dominazione, e soprattutto quando sono alla portata di chiunque.

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Ci siamo già passate: il panno che toglie ogni residuo di traccia dopo il femminicidio (ma la furbissima ditta si affannò, dopo le proteste, a fare la versione speculare dove lei aveva tramortito lui, viva le pari opportunità); la biblioteca pubblica genovese che reclamizzava lo spazio culturale con i seni, i lati b delle navi da crociera, e altro ancora bene documentato nel video Se questa è una donna, una miniera della ben pagata, volgare e violenta cultura pubblicitaria nazionale che non accenna a scomparire.

Peccato però che in una sola giornata sia stato lo spazio pubblico della politica, e quello dell’attivismo che la politica tradizionale contesta e vuole cambiare, ad offrire le due versioni speculari della grettezza, del trogloditismo e dello squallore sessista, del quale aveva scritto, non molto tempo fa ricordando alcuni casi storici, Nadia Somma.

Dunque: Bertolaso con fare paternalistico e compìto invita la sua fascistissima avversaria di gazebo Meloni a fare la mamma (superandola di molto a destra, gli va dato atto di un risultato davvero notevole); poi una bella fila di grillini e grilline insultano la loro candidata sindaca qualificandola ‘casalinga, brutta e obesa’ (del resto difficile che una volta assunto come adagio politico di punta il vaffa non sia tutta una discesa verso il baratro del dileggio).

Dall’altra parte, sul versante opposto alle istituzioni, ecco i leggiadri echi delle due trovate di richiamo per la vittoria del sì al referendum contro lo scempio dei mari: Trivella tua sorella, da una parte, e Tette contro il petrolio ( ma qui c’è il bonus di sfoggio internazionale, perché lo slogan è Boobs against oil, scusate se è poco in questi tempi d’ignoranza.)

Per carità: sono state le femministe dagli anni ’60 in poi (solo per andare di poco indietro nel tempo) ad affermare che la vera politica è quella fatta con il corpo, e proprio con il corpo, e soprattutto con l’esposizione dei loro seni le Femen, ultime a raccogliere questo insegnamento, scelgono di dis-turbare le adunanze di ogni fede religiosa contro ogni fondamentalismo. C’è un però: le Femen non ammiccano ai maschi con la nudità, ma urlano con rabbia la violenza dell’oppressione che molte delle loro simili vivono a varie latitudini, cancellate dal velo e dal burka così come disumanizzate quando esposte come pezzi di carne fresca per vendere ogni cosa, dallo yogurt alle auto, come bene spiega Inna Shevchenko alla Secular Conference del 2014.

La pagina facebook di Boobs against oil è francamente poco divertente, figlia insensata della mancanza di creatività che invece dovrebbe avere chi si batte per migliorare e opporsi ad una ingiustizia ambientale. Che dire poi del simpatico invito verso le sorelle altrui, con corredo di figuretta alla pecorina, e sullo sfondo un fallo? Niente, le parole non vengono fuori, perché tutto c’è tranne il cervello dietro a queste trovate, dietro a questo immaginario così banale e spento. Il peggio viene quando il motto è rilanciato dalle bacheche di attivisti e attiviste che scherzano come se niente, come se l’allusione fosse leggera, simpatica: che noia questa politica istituzionale fatta di concetti difficili e pensieri articolati. Dai, mettiamoci due tette e un po’ di sesso alla La sai l’ultima, che spacchiamo. Bisogna arrivare anche agli indecisi, no? E fattela una risata.

C’è stato chi ha obiettato cosa c’entrino i capezzoli con il sì al referendum, e come sia possibile che il movimento ambientalista possa tollerare (anche se non ha commissionato la campagna) inviti sessisti in stile stadio e violenti sessualmente verso le donne.

La triste sorpresa è che, come nel caso delle due turiste uccise in Equador, si minimizza, si trovano attenuanti, si giustifica, se di mezzo ci sono le donne e il femminile del mondo. In Italia è storia: da Drive in passando per La pupa e il secchione, dal ‘vai a fare la nonna’ rivolto alla partigiana Lidia Menapace passando al ‘meglio che faccia la mamma’ di Bertolaso, dalla ‘culona inchiavabile’ di Berlusconi rivolto alla cancelliera tedesca alle cronache recenti degli altri commenti inqualificabili che hanno coinvolto Rosi Bindi, o la presidente della Camera o la ministra Madia, è tutto così: un rotolare di risate (virtuali o reali) crudeli e di vuota e greve allegria da bar sport, dove, come documentato da Lorella Zanardo nel suo Il corpo delle donne.  “Le immagini non sono solo immagini: sono comunicazione, memoria, sapere, educazione”.

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