Alla fine hanno avuto ragione loro, i cittadini di Augusta che domenica scorsa si erano dati appuntamento davanti al Duomo per esprimere solidarietà al loro parroco, don Palmiro Prisutto. Al sacerdote, infatti, era arrivata la richiesta di dimissioni direttamente dall’Arcivescovo di Siracusa, Salvatore Pappalardo: entro cinque giorni Prisutto avrebbe dovuto lasciare il suo incarico. E invece allo scadere del singolare ultimatum, è stato monsignor Pappalardo a fare un passo indietro: il sacerdote rimarrà al suo posto. “Le parole di don Palmiro, pronunziate durante la messa di domenica scorsa, sono il chiaro segno della sua volontà di comunione alla quale da tempo con paterna fermezza lo esortavo”, ha detto il presule aretuseo. Il riferimento è alla motivazione ufficiale che stava alla base della richiesta di dimissioni di don Prisutto, accusato di non aver saputo mantenere buoni rapporti con le storiche confraternite di Augusta. “Ma io – spiega adesso il sacerdote – non dovevo mantenere quei rapporti, per il semplice fatto che il vescovo aveva delegato quel compito ad un altro sacerdote”.
La colpa imputata dalla Curia a don Palmiro appariva in ogni caso troppo blanda, soprattutto se paragonata alla defenestrazione. Ed è per questo motivo che l’intera città si era mobilitata per difendere il suo parroco: in poche ore erano nate pagine su Facebook, hashtag di incoraggiamento e la manifestazione davanti al Duomo di domenica scorsa, con centinaia di partecipanti.
“La vicenda è stata strumentalizzata e alcuni attacchi alla curia mi hanno ferito, ma sicuramente il sostegno popolare è stato importante, un sostegno unanime che onestamente non mi aspettavo”, dice don Palmiro, che dal febbraio 2014 ha cominciato a leggere in chiesa i nomi dei cittadini morti di tumore. Insieme a Priolo e Melilli, infatti, Augusta è uno dei vertici del cosiddetto “triangolo della morte”, dove tra centrali elettriche e impianti di raffinazione si contano 18 stabilimenti. Molto più alto, invece, il numero dei decessi dovuti al carcinoma ai reni, al colon e ai polmoni.
“Quello che subiamo è un vero e proprio genocidio”, attacca don Prisutto, che in due anni ha raccolto più di 800 nomi, cognomi e patologie dei persone decedute a causa di tumore, che legge in chiesa il ventotto di ogni mese: un’iniziativa che ha fatto di Augusta la Spoon River di Sicilia, ma che adesso il sacerdote intende sospendere. “Ho pensato che a questo punto ci voglia una pausa di riflessione, di silenzio, ma non per questo smetteremo di combattere: piuttosto intendo portare la nostra battaglia fuori dalla Chiesa”, spiega don Palmiro, che con la sua iniziativa ha dato rilevanza nazionale al caso Augusta. “Prima dei morti di tumore si parlava sottovoce, c’era una sorta di paura: ho dovuto spiegare ai familiari dei defunti che i loro cari non erano fantasmi, ma avevano nomi e cognomi che meritavano di essere onorati”. Da quel momento, il sacerdote è riuscito a creare una sorta di registro tumori parallelo, dato che quello ufficiale pare essere inaccessibile e aggiornato a dieci anni fa. “Probabilmente qualcuno non ha gradito – dice sempre il sacerdote – ma nella mia persona possiamo vedere due anime: l’ambientalista e il sacerdote. Purtroppo ogni tanto le due anime si accavallano”. Resta da capire quale delle due ha causato la richiesta di dimissioni, subito ritirata.