La felicità non è solo questione di pil, ma anche di fattori sociali e ambientali. Anche per questo in Italia la percezione del benessere è sempre più solo un ricordo. Lo rivela il Rapporto mondiale sulla felicità 2016 nel quale sono stati presi in esame i livelli di soddisfazione espressi dai cittadini di 156 nazioni. Non è un caso, dunque, se la Danimarca quest’anno ha superato la Svizzera come Paese più felice al mondo e, purtroppo, non lo è neppure la presenza di ben 16 Paesi africani nelle ultime venti posizioni. Il dossier è stato prodotto dal Sustainable Development Solutions Network, organismo dell’Onu che riunisce esperti mondiali nei campi dell’economia, della psicologia, della salute e della sicurezza pubblica. I dati sull’Italia parlano chiaro: è al cinquantesimo posto, superata da Malaysia, Nicaragua e Uzbekistan e seguita da Ecuador, Belize e Giappone. Conferma sì la sua posizione, ma è tra i dieci Paesi con il maggiore calo di felicità. Quelli che risentono maggiormente di una serie di tensioni economiche, politiche e sociali. Un fattore importante è determinato dalle disuguaglianze: più crescono, più aumenta l’infelicità. L’obiettivo dell’indagine, infatti, giunta alla sua quarta edizione e presentata in occasione della giornata mondiale della Felicità delle Nazioni Unite (che ricorre il 20 marzo) è quello di studiare i fattori che determinano il benessere delle persone e che sono generalmente trascurati da misure tradizionali come, appunto, il reddito.

LA CLASSIFICA DELLA FELICITÀ – Nei primi dieci posti della classifica guidata dalla Danimarca ci sono Svizzera, Islanda, Norvegia, Finlandia, Canada, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Australia e Svezia. In cima, dunque, ci sono quei luoghi dove il benessere sociale e politico coincide con quello personale. Sono gli stessi Paesi che hanno dominato la classifica dello scorso anno, solo che ne è cambiato l’ordine. Agli ultimi dieci posti, invece, ci sono Siria, Afghanistan e otto paesi della fascia sub-Sahariana. Il Burundi è l’ultimo. Gli Stati Uniti sono al tredicesimo, due posizioni più in alto rispetto allo scorso anno. In Europa l’Italia (al 50° posto) fa peggio anche di Germania (16°), Regno Unito (23°), Francia (32°), Spagna (37°). Un abisso rispetto al Nord Europa.

LE FONTI DEL BENESSERE – Ma cos’è che rende soddisfatti i cittadini di un Paese, piuttosto che di un altro? Secondo i relatori la felicità è la misura migliore del benessere umano e, per la prima volta, quest’anno si è dato un ruolo specifico alle conseguenze della disuguaglianza nella distribuzione di tale benessere. Il rapporto è fondato sull’indagine Gallup (società statunitense che si occupa di ricerche e sondaggi) e si basa sui dati relativi al triennio 2013-2015. È stato chiesto agli intervistati di dare alcune risposte in merito a come valutassero la propria vita, considerando sei variabili: reddito, libertà nelle scelte di vita, assenza di corruzione, aspettativa di vita in buona salute, qualità della vita di relazioni e generosità. Questi criteri possono spiegare il 75 per cento delle differenze di felicità tra gli abitanti del pianeta. Il risultato? Nell’Eurozona Italia, Grecia e Spagna sono tra quelli con il maggior declino di felicità nel corso degli ultimi anni. Il rapporto fornisce indicazioni utili anche a livello europeo, perché aiuta a valutare i progressi delle Nazioni e a comprendere se le differenze tra i vari Stati si stiano riducendo o meno.

LE CAUSE DELL’INFELICITÀ – Disoccupazione giovanile e corruzione sono i fattori che hanno inciso più degli altri sui risultati che riguardano l’Italia. Che “potrebbe essere molto più felice di quanto non sia oggi” ha detto l’economista Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth Institute presso la Columbia University, tra i curatori del rapporto. Ed è sempre la disoccupazione e la conseguente preoccupazione per il futuro a rendere i giovani meno felici degli anziani. Un dato, questo, che accomuna l’Italia anche ad altri Paesi. “Al posto di adottare un approccio incentrato esclusivamente sulla crescita economica – ha concluso – dovremmo promuovere società prospere, giuste e sostenibili dal punto di vista ambientale”.

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