Jonata Pierleoni, Massimiliano Rogante e Jimmi Di Santo sono i proprietari di un ristorante con le specialità tipiche delle Marche. "In un mese abbiamo sbrigato le pratiche burocratiche e l'affitto è più basso". Tornare in Italia? "Per farlo dovrebbe cambiare tutto”
“L’Italia pensa più all’immagine che al lavoro pratico e duro nella ristorazione. Col risultato che spesso si dimentica che cucinare significa impegno e passione. Quindi siamo scappati in Spagna”. Jonata Pierleoni e Massimiliano Rogante, entrambi trentenni di Sant’Elpidio a Mare, in provincia di Fermo, si sono trasferiti a Madrid nel 2009. E adesso, dopo un’esperienza come comproprietari di un ristorante italiano, ne hanno aperto uno che propone i piatti della tradizione marchigiana nel mercato di Anton Martin, a due passi dal Museo del Prado. La Saletta è un luogo in cui si incontrano street food, tradizione e socialità. Gli spagnoli la chiamano “taverna italiana”, un concetto assimilabile alla nostra osteria: una cucina veloce e genuina. “I clienti sono sempre aperti a fare due chiacchiere con noi – afferma Jonata – penso che quelli italiani siano più rispettosi rispetto ai connazionali nel nostro paese: vivere a contatto con un’altra cultura apre la mente”. Insieme a loro c’è anche Jimmi Di Santo, il terzo socio che si è unito a loro dopo avere lavorato nella ristorazione a Berlino.
L’idea del trasferimento arriva lentamente. “Avevamo già fatto alcuni viaggi in Spagna – raccontano – e abbiamo preferito Madrid perché Barcellona ci sembrava troppo turistica”. Nella metropoli catalana lavorano per un anno come cuochi e camerieri. Poi arriva la possibilità di aprire un ristorante italiano classico. “In quattro soci, però, le cose erano complicate – ricordano – e un giorno siamo venuti a sapere della riqualificazione del mercato San Martin. L’atmosfera di questo posto ci è subito piaciuta”. L’attività procede bene fin dagli inizi, tanto da assumere tre dipendenti. In più, anche le istituzioni aiutano, visto che la municipalità prevede misure per rivitalizzare strutture storiche come quelle dei mercati coperti.
“In un mese abbiamo sbrigato le pratiche burocratiche“, spiegano. Ma non solo: perché “l’affitto è più basso rispetto a quanto che avremmo dovuto pagare in Italia: questo ci permette di fare prezzi competitivi“. Per non parlare della meritocrazia: in Italia chi ha agganci può, il resto rimane fuori, qui con un progetto valido hai molte più possibilità”. E il Comune fa decidere gli affittuari ai commercianti già inseriti nella struttura: “Le decisioni vengono prese da un’assemblea e il progetto deve mantenere lo spirito del luogo”. Una modalità che favorisce solidarietà e condivisone con i vicini. “Prendiamo i fiori per allestire il nostro ristorante dalla fioraia del mercato, la carne dal macellaio qui vicino, e così via. Si è creata una piccola microeconomia”.
La formula che hanno scelto è fatta di menù giornalieri, vini importati dalla regione e specialità marchigiane. Un’offerta che “ci pone al di fuori della concorrenza anche tra ristoranti italiani”, spiegano, e che attrae, vista la posizione, “molti clienti in orario di ufficio”. E ora puntano ad ampliare i propri spazi, sempre all’interno del mercato. E le cose funzionano bene: “La risposta degli spagnoli non poteva essere più positiva, amano la nostra cucina”. Tornare in Italia? “Pensiamo di no. Dovrebbe cambiare tutto”.