Ieri, la Commissione Affari Sociali del Consiglio d’Europa riunitasi a Parigi, ha respinto per due voti (16 su 14) il rapporto sui “Diritti umani ed i problemi etici legati alla surrogacy” presentato dalla deputata belga Petra de Sutter. Ginecologa, favorevole da sempre alla regolamentazione della Gpa, la de Sutter è responsabile di una clinica, a Gand, specializzata in maternità surrogata, e collabora con una clinica, in India, che da tempo è nel mirino delle ong e delle femministe indiane. Nel rapporto che le è stato affidato, a dispetto di un palese conflitto di interessi (sollevato ma respinto dalla Commissione affari sociali), la deputata belga ha concluso che “poiché non tutti gli Stati membri sono favorevoli al divieto universale, la pratica va resa possibile e legale ovunque e non delegittimata e l’unica questione aperta era se adottare una legge soft o hard”. La Commissione, invece, ha bocciato la relazione dopo un dibattito acceso tra due fazioni che si equivalevano numericamente. Tra i voti contrari ci sono stati quelli della deputata Eleonora Cimbro e della senatrice Maria Teresa Bertuzzi ma l’ago della bilancia è stato il no dell’Ucraina, un Paese dove è fiorente il business della surrogacy. Forse non a caso.
Durante la votazione, in strada, ci sono state le manifestazioni femministe del comitato Stop Surrogacy Now e del collettivo CoRP (Collectif pour le Respect de la Personne) diretto da Silvyane Agacinski. Il 2 febbraio scorso, in occasione dell’Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata, conclusa con la firma della Carta per l’abolire la Gpa. Agacinski aveva detto che “le lobby delle industrie biotecnologche esercitano una pressione tremenda. Dalla California alla Russia la procreazione medicalmente assistita rappresenta un grosso affare economico. Le agenzie comprano e vendono ovociti e spermatozoi, ma quello che più manca alla loro catena di produzione è la disponibilità del ventre femminile. E allora si rivolgono a donne molto fragili, reclutate su un grande mercato che possiamo qualificare come neocoloniale”.
In Europa è la seconda volta che si dice no alla surrogacy. A dicembre, il Parlamento europeo ha approvato un emendamento che condanna questa pratica. Nel mondo ci sono Paesi che hanno regolamentato la surrogacy (Grecia, Australia, Israele, Sudafrica, Nuova Zelanda), altri che la permettono sulla base di accordi privati ma non la regolamentano, e altri che l’hanno vietata (come in Italia, Germania e Francia). Ci sono i Paesi in cui è permessa senza scambio di denaro (ma pare che ci sia uno scambio di beni), Paesi che permettono il pagamento in denaro; ci sono i Paesi che permettono alla madre surrogata di decidere se tenere il bambino (Inghilterra), e altri che non lo consentono. Ci sono Paesi occidentali dove le madri surrogate sono assistite e quelli di Paesi, come l’India, dove sono tenute in squallidi capannoni per tutto il tempo della gravidanza.
I committenti possono essere single, coppie eterosessuali (la maggior parte) e omosessuali. La madre surrogata può essere anche madre biologica del bambino (ma sono i casi più rari) oppure essere solo la gestante che riceve un embrione, fecondato in vitro, grazie all’ovocita di un’altra donna e dallo sperma del committente o di un donatore. Forse vietare la Gpa, universalmente, è un’impresa non realistica (ma lo sembrava anche l’abolizione della schiavitù), forse la regolamentazione sarà un percorso obbligato per definire una surrogacy che non sia ostaggio del mercato. La paura e i dubbi che le società stiano percorrendo, a grandi passi, la strada della de-umanizzazione, chiedono risposte. La distopia Il racconto dell’ancella ci ha messo in guardia da una società che e opprime le donne e ed impone, ad alcune, il ruolo di meri contenitori dei prodotti di concepimento altrui. Ci sono interrogativi che meriterebbero lo spazio e il tempo di una riflessione collettiva, condivisa e profonda, per evitare che la scienza e la tecnologia consegnino un potere grandissimo nelle mani di pochi privilegiati, a svantaggio di molti.
Il movimento femminista (e no solo quello) resta diviso tra chi vorrebbe il contrasto e l’abolizione della Gpa e chi vorrebbe una regolamentazione. Le abolizioniste sono accusate di tradire l’autodeterminazione delle donne, come se questa rendesse immuni da responsabilità (anche politiche) compresa quella nei confronti dei bambini e delle bambine messi al mondo, che non devono essere ridotti ad oggetti. L’autodeterminazione è tale se è libera dai bisogni e dalle disparità nei rapporti di forza, tra chi ha ricchezza e potere e chi non ne ha; tra chi ha potuto allargare la coscienza grazie alla conoscenza e chi è cresciuto nella povertà e nell’ignoranza; tra chi può comprare qualunque diritto col denaro e chi è costretto a svendere o a cedere i propri diritti per fame o per “migliorare le proprie condizioni di vita” come sosteneva la responsabile di una clinica per la Gpa.
E’ un dato di fatto che intorno alla maternità surrogata si stanno concentrando gli interessi economici delle aziende biotecnologiche che premono per estendere un mercato che pretende di entrare ovunque, anche nei corpi e nelle relazioni umane, e applica il linguaggio e la legge del marketing alla procreazione. Basta visitare i siti delle aziende che offrono Gpa o leggere i contratti per rendersene conto. Tutto viene definito a garanzia della soddisfazione del cliente. Nelle cliniche americane, psicologhe esperte supportano le donne che si sottopongono a Gpa affinché mantengano la “disconessione emotiva” (a quale prezzo?) con i committenti e le sottopongono a controlli psicologici. Mentre agli aspiranti genitori non si chiede nulla: hanno il denaro. Le aziende prevedono la stipulazione di assicurazioni per avere gratuitamente un nuovo impianto in caso di aborto spontaneo, o l’opzione dell’interruzione della gravidanza per malformazioni o più impianti di embrioni. Si offrono ovociti di donne bianche e di colore (per soddisfare tutte le esigenze). Si propongono i “pacchetti” economy, standard o vip. Ai clienti è offerta un’organizzazione efficiente per esaudire il desiderio di un figlio che viene declinato come qualunque altro banale desiderio per un qualunque prodotto di lusso. Le donne, che sono il mezzo per ottenerlo, vengono scelte da un catalogo.
Tutto questo lo identificate con libertà, dono e altruismo?
@nadiesdaa