Ore di panico fra i repubblicani ‘per bene’, che si rendono conto di perdersi per strada uno ad uno i loro campioni (mal scelti, bisogna ammettere). Ma ore d’agitazione pure per Donald Trump, che continua a vincere – senza per altro convincere tutto il suo campo -, ma resta esposto al rischio d’arrivare alla convention di luglio senza la necessaria maggioranza assoluta dei delegati. Invece, Hillary Clinton viaggia spedita e sicura verso la soglia di delegati che le garantisce la nomination.
Spariti l’uno dopo l’altro i ‘figli della Florida’ Jeb Bush – ritiratosi a febbraio – e Marco Rubio – ritiratosi ora, dopo essere stato sconfitto in casa -, l’establishment repubblicano pare non fidarsi del governatore dell’Ohio John Kasich come anti-Trump e rovista nei cassetti del 2012: ci sono Mitt Romney, che si tiene in disparte, e Paul Ryan, suo vice nel ticket, che si tira indietro.
Trump cerca di forzare i giochi facendo la voce grossa, prospettando disordini nelle strade se non otterrà la nomination e chiamandosi fuori dal prossimo dibattito, il 21 marzo, perché – dice – “ne abbiamo già fatti troppi” (il che, magari, è vero).
Eppure, i risultati delle primarie di ieri, così netti, inducevano a pensare a situazioni più definite nei due campi: la Clinton cala il poker, Trump fa almeno tris; entrambi s’impongono in Florida, Illinois, North Carolina; Hillary vince pure l’Ohio, dove, fra i repubblicani, vince invece Kasich, che resta così in corsa. Il Missouri resta a lungo incerto: Bernie Sanders, sconfitto d’un soffio in Illinois, e Ted Cruz se lo giocano con i rispettivi battistrada fino all’ultimo voto.
Per fare buon peso, la Clinton e Trump avevano pure vinto le assemblee nelle isole Marianne, territorio del Pacifico i cui 80mila abitanti, però, non votano per la presidenza.
Per effetto dei risultati esce di scena Rubio, nettamente battuto da Trump 46% a 27%. La fiaccola dei moderati ora ce l’ha Kasich, che, alla prima vittoria, con quasi il 47% dei voti nell’Ohio, dice: “Ci sono oltre mille delegati ancora da assegnare, posso arrivare alla convention con più delegati di chiunque altro”. O, comunque, con abbastanza per stoppare Trump: i suoi con quelli di Rubio che gli paiono destinati, insieme a quelli di Cruz, sono più di quelli di Trump.
Florida e Ohio, due Stati spesso decisivi per la conquista della Casa Bianca nell’Election Day – quest’anno, l’8 novembre -, attribuiscono i delegati con la formula ‘chi vince prende tutto’. Kasich, nel discorso della vittoria, con accanto la moglie e le due figlie gemelle, esibisce un tono pacato e unificatore: “Prima di essere democratici o repubblicani siamo americani – dice -, non percorrerò la strada di livello più basso per raggiungere la carica più alta del Paese”.
Cruz, che non ha avuto una buona giornata, si ripropone come unica alternativa a Trump e corteggia i sostenitori di Rubio.
Ovvi di discorsi della vittoria di Trump e della Clinton, che può affermare: “La nostra campagna ha guadagnato più voti di qualsiasi altro candidato, democratico o repubblicano”. Hillary guarda già al possibile confronto con Trump per la Casa Bianca: “Il nostro comandante in capo deve essere in grado di difenderci, non di metterci in imbarazzo”.