Diritti

Rom, le borse lavoro e il costo dell’inclusione sociale

La tematica dell’inclusione lavorativa dei rom è considerata rilevante in quanto strettamente connessa ad altre forme di esclusione sociale: la segregazione abitativa, la marginalizzazione sociale e l’esclusione scolastica. In una scelta segnata dalla schizofrenia politica, il Comune di Roma dal 1994 ad oggi, con una mano ha cercato di progettare, costruire e gestire ghetti per soli rom lontanissimi dal tessuto urbano, con l’altra, avvalendosi del lavoro sociale, ha promosso interventi di inclusione per provare a “riavvicinare” alla città quei soggetti volutamente allontanati.

Negli anni passati l’Amministrazione Capitolina ha impiegato ingenti risorse economiche ed umane per sostenere iniziative finalizzate all’inclusione lavorativa. Questa intenzione è stata ribadita anche dal recente bando per “l’affidamento del servizio di gestione sociale, formazione lavoro, interventi di piccola manutenzione e del servizio di vigilanza a favore delle persone accolte presso i Villaggi di Roma Capitale, che versano in condizioni di fragilità sociale, lavorativa, economica e sanitaria”. Il bando prevede un importo di 6 milioni lordi ripartito secondo 6 insediamenti.

Nel bando, tra le diverse azioni, è prevista la “progettualità sull’erogazione di borse lavoro, previsione di tirocini lavorativi, contratti di apprendistato e di altre forme di lavoro da svolgersi sia all’interno sia all’esterno dei Villaggi”. Costo dell’operazione 208.000 euro per l’erogazione di 130 borse lavoro con un compenso a beneficiario di 1.600 euro suddivisi in 4 mensilità. Sempre nel bando ulteriori 82.000 euro sono previsti per la progettazione di “corsi di formazione sul rispetto delle cose altrui e del patrimonio pubblico” (sic!).

Il bando, come già scritto, è un ritorno indietro agli anni di Mafia Capitale. Stessi attori, stesse azioni fallimentari, stesso fiume incontrollato di denaro pubblico. Sarebbe utile rileggersi il rapporto “Lavoro Sporco” che l’Associazione 21 luglio presentò nel maggio 2012. Un capitolo è dedicato all’analisi del progetto denominato Form on the Job, che tra il 2010 e il 2011, con un impegno di spesa superiore ai 200.000 euro avrebbe dovuto garantire un supporto lavorativo a 30 rom nella baraccopoli di Salone. I risultati emersi nel rapporto sono impietosi e questo bastò a giustificare una telefonata allarmata ricevuta nel mezzo della presentazione da parte dell’allora assessore Daniele Ozzimo (oggi condannato nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale). Sui 26 rom che alla fine parteciparono al progetto, 15 furono inseriti dall’ente gestore in percorsi lavorativi interni alla baraccopoli di Salone. Gli altri all’esterno. Per tutti la retribuzione fu di circa 400 euro al mese. L’analisi delle “borse lavoro” elaborata nel rapporto non consentì di riscontrare alcun elemento di inclusione sociale. Alla fine del progetto 22 persone su 26 risultarono disoccupate. Tra coloro che successivamente furono assunte una donna che si trovò a fare in modo saltuario le pulizie del container della cooperativa che gestiva l’insediamento per un centinaio di euro al mese.

Un’altra intervista, interna al rapporto, vede un operatore coinvolto in passato in un progetto di avviamento al lavoro che prevedeva la formazione e l’inserimento lavorativo di 15 abitanti dell’insediamento di via Candoni e 15 della baraccopoli di via di Salone. Dei 30 beneficiari, nel 2012, solo uno risulta avesse concluso il proprio percorso con un’assunzione. Ciò che emerge da “Lavoro Sporco” è che nessun progetto di “borsa lavoro” organizzato all’interno degli insediamenti può ritenersi di successo. Le cause sono le stesse per le quali si è convinti che i circa 300.000 euro destinati dal recente bando all’inserimento lavorativo siano risorse che non avranno alcun impatto sulla vita dei rom: la mancanza di controllo da parte del Comune di Roma sugli enti gestori e sugli obiettivi realmente raggiunti, l’assenza di criteri per l’erogazione delle “borse lavoro”, l’insufficienza di indicatori e strumenti di monitoraggio.

E così mentre, come mosche sul miele, le “solite” organizzazioni – pur chiedendo a Tronca il ritiro del bando perché «i campi vanno superati» – si preparano a candidarsi in una gara dal risultato scontato, i rom – additati come soggetti asociali e sfaticati – sono strumenti utili per dare respiro all’economia di cooperative e associazioni con l’acqua alla gola. Con “Mafia Capitale” che resta un incidente di percorso da gettarsi alle spalle il prima possibile.