Ha ricostruito davanti ai pm l'assassinio del giovane, per il quale è indagato anche il pr romano (nella foto a sinistra). I due killer danno alla vittima (a destra) un farmaco, sciolto in un bicchiere. Luca vomita. Prato gli ordina di mettersi nella vasca poi gli dice: "Sai che c’è? Abbiamo deciso che ti vogliamo ammazzare"
Il piano per uccidere il padre di Manuel. La ricerca a zonzo per la città di “qualcuno a cui fa male”. L’arrivo della vittima prescelta nella trappola. I colpi di coltello da parte di uno dei killer; le martellate in testa da parte dell’altro. Ecco il resoconto dei due giorni di follia e sangue di Marco Prato (nella foto a sinistra) e Manuel Foffo, gli assassini di Luca Varani (a destra), secondo quanto reso nell’interrogatorio di ieri pomeriggio da Foffo davanti al pm Francesco Scavo. Cronistoria di un delitto di cui Manuel spiega i dettagli e che oggi sarà messa a confronto con la versione di Prato, l’altro carnefice, che ha già negato, davanti al gip, di aver ucciso materialmente Luca e sarebbe pronto a confermare questa sua verità anche oggi, almeno stando a quanto annunciato dal suo avvocato.
Il racconto di Manuel, dunque, assistito dal legale Michele Andreano. Dice Foffo che lui e Marco iniziano a drogarsi e a bere alcoolici nell’appartamento al Collatino di Foffo e che a un certo punto Manuel confida a Prato di essere ‘avvelenato con suo padre’, tanto da volerlo uccidere. Marco Prato, secondo Manuel, lo spalleggia e si dice pronto ad aiutarlo. E per dimostrargli che fa sul serio propone a Manuel, che accetta: “Andiamo a cercare qualcuno a cui fare male.”
I due dunque escono dalla casa di via Giordani con la macchina e al volante c’è Manuel, nonostante gli sia stata ritirata la patente. Vanno a Valle Giulia, zona nota a Roma per essere luogo di prostituzione maschile, a caccia di una ‘marchetta’, gay o trans. Ma non trovano nessuno e allora si dirigono alla stazione Termini, nella speranza di rimorchiare qualcuno in cerca di un passaggio. Su questo punto dell’interrogatorio il pm Scavo si sofferma, perché se è vero che i due cercavano qualcuno a caso a cui far male – e dunque non soltanto un ragazzo con cui fare sesso – allora ciò potrebbe avvalorare la tesi della predeterminazione del delitto. Ma Foffo non riesce a spiegare di più e continua il suo racconto. Agghiacciante.
“Siamo tornati a casa mia”, prosegue. Manuel si mette a dormicchiare, stordito dall’alcool ed è in quel frangente, secondo Foffo, che Marco manda un messaggio a Luca Varani per invitarlo al ‘festino’. Manuel dice di non aver mai visto Luca prima di quando Marco, alle 9 di mattina, gli apre la porta di casa. I due killer danno da bere a Luca e dentro il bicchiere sciolgono un farmaco, che dopo un po’ fa effetto tanto che Luca va in bagno per vomitare. Marco Prato a quel punto lo segue e Foffo gli va dietro. Con una leggera spinta Marco ordina a Luca di mettersi nella vasca e poi a bruciapelo gli dice: “Sai che c’è? Abbiamo deciso che ti vogliamo ammazzare”.
Manuel sta zitto, ma incontra lo sguardo diabolico dell’amico. Un lampo di intesa che fa scattare l’azione. Manuel prende i coltelli e il martello. Quindi, sempre secondo Foffo, è Marco che colpisce per primo Luca con la lama, al collo. Brandisce un coltello anche Manuel e poi, dice Foffo, visto che Luca non moriva e gli faceva pena, è lui stesso che tenta di finirlo con tre martellate in testa. L’ultima coltellata, al cuore, secondo Foffo la infligge Marco. Poi, quando tutto è compiuto, i due spostano il cadavere in camera, lo coprono con una coperta e si addormentano. Alle dieci di sera escono di nuovo, vanno a bere di nuovo qualche drink tra la via Tiburtina e piazza Bologna e poi si separano, dopo che Manuel compra cinque scatole di Minias (contro l’insonnia) e le da a Marco. Prato infatti esprime il desiderio di suicidarsi e con questa intenzione si rifugia in una stanza dell’hotel San Giusto, non lontano da casa sua. Foffo invece torna nella casa dell’orrore e si mette a dormire, in luogo diverso dalla stanza dive giace il corpo martoriato di Luca, che Foffo dice di non aver avuto più il coraggio di guardare. Quando si sveglia, il sole è alto e si ricorda che ha un appuntamento col padre per andare al funerale dello zio. Vede il genitore e in macchina gli racconta tutto.
Il pubblico ministero ha deciso di riascoltare Foffo giovedì prossimo, quando dunque sarà già stata messa nero su bianco anche la verità di Prato. Il racconto di Manuel è coerente ma mancano ancora alcuni tasselli, mentre si attende l’esito degli esami del Ris sui coltelli e il martello. Ci sono impronte? E a chi appartengono? Gli investigatori vogliono anche fugare ogni dubbio sull’eventuale presenza di qualcun altro nella casa dopo il delitto. Manuel Foffo su questo ha risposto, negando di aver ricevuto altre visite dopo il massacro. Mistero pure sull’ipotetica esistenza di un video delle sevizie. Non sono emerse indiscrezioni su ciò che avrebbe risposto Foffo a tal proposito. Certo è che gli investigatori vogliono vederci chiaro tant’è che due giorni fa è stato sequestrato il computer portatile di Marco Prato. Il pc, però, non è stato trovato a casa del ragazzo arrestato bensì, inaspettatamente, presso lo studio del suo avvocato, Pasquale Bartolo. Il legale afferma di aver acquisito quel computer per svolgere le indagini difensive, come gli spetta di diritto. Sentito al telefono ieri da chi scrive, dice comunque di non sapere cosa ci fosse nel pc “Non l’ho mai aperto, lo avrebbero fatto i miei consulenti”, spiega il legale, sostenendo pure che eventuali file fonte di prova su quel dispositivo saranno comunque inutilizzabili a dibattimento, in quanto perquisizione e sequestro effettuati nel suo studio sarebbero atti irrituali, non essendo, a suo dire, quel pc corpo del reato.