di Enrico Di Pasquale, Andrea Stuppini e Chiara Tronchin (Fonte: lavoce.info)

La presenza di immigrati non incide molto sulla spesa pubblica italiana. Tuttavia, per quanto riguarda reddito e patrimonio il divario tra famiglie italiane e straniere è ancora ampio. Ed è per questo che sono soprattutto le seconde a beneficiare delle misure di welfare decise da governo e regioni.

Immigrazione e fiscalità
Negli ultimi mesi il tema dell’immigrazione è divenuto centrale nel dibattito politico e mediatico. Uno dei punti più discussi riguarda l’impatto della presenza degli stranieri sulle casse pubbliche e in particolare sul sistema del welfare. Diversi studi hanno già dimostrato come la componente straniera oggi in Italia sia costituita soprattutto da persone in età lavorativa, che offrono un apporto positivo alle casse pubbliche: quando gli stranieri lavorano sono una risorsa. Negli ultimi anni, però, sono aumentati soprattutto i richiedenti asilo e quindi si dovrebbe agire per sveltire le procedure e accorciare i tempi di accoglimento o di diniego delle domande. E, nel frattempo, si dovrebbe favorire l’impiego dei richiedenti asilo in lavori socialmente utili.

Differenziali di reddito
I lunghi anni della crisi hanno inciso profondamente sulla disponibilità economica delle famiglie, condizionandone anche la fiducia e la propensione al consumo. La rigida separazione del mercato del lavoro, che determina una forte concentrazione dei lavoratori immigrati nelle fasce poco qualificate, mantiene un divario significativo tra stranieri e italiani nella disponibilità di reddito e di patrimonio (su cui, oltre ai redditi da lavoro, incidono gli altri redditi e le disponibilità patrimoniali, prima fra tutte l’abitazione di residenza). A certificarlo è l’Indagine sui bilanci delle famiglie, recentemente pubblicata dalla Banca d’Italia (con dati riferiti al 2014): il reddito medio annuo è di circa 31mila euro per una famiglia italiana e 18mila per una straniera. Anche la natura dei redditi è molto diversa: tra gli stranieri, l’80 per cento deriva da lavoro dipendente, mentre tra gli italiani è molto alta la quota delle pensioni (28 per cento). Conseguenza diretta della disponibilità di reddito è la propensione al risparmio: se gli italiani spendono in consumi il 73 per cento del proprio reddito, tra gli stranieri la quota sale al 93 per cento, con un risparmio medio di appena 1.200 euro annui.  In definitiva, le famiglie straniere sono mediamente più povere rispetto a quelle italiane e maggiormente vincolate al reddito da lavoro dipendente. A questa situazione va aggiunta una minore presenza di reti familiari e di vicinato e una minore disponibilità patrimoniale, in particolare per quanto riguarda l’abitazione di residenza: tra gli italiani i proprietari sono il 78,6 per cento, tra gli stranieri il 23,4 per cento.

Impatto sul welfare
Oltre a incidere negativamente sui percorsi di integrazione sociale, la povertà delle famiglie straniere determina una forte concentrazione di esse tra i beneficiari dei provvedimenti destinati alle famiglie meno abbienti. Il bonus Renzi, ad esempio, riguarda i redditi medio-bassi (8mila–24mila euro annui) da lavoro dipendente: non sorprende che una percentuale significativa delle famiglie straniere rientri in questi parametri. E infatti, il 31,9 per cento delle famiglie straniere beneficia del bonus, valore superiore rispetto a quello delle famiglie italiane (21,2 per cento). Stesso discorso vale per il “bonus elettrico” e il “bonus gas” a sostegno delle famiglie in condizione di disagio economico. Tra le famiglie straniere, ne beneficia il 10,3 per cento, mentre si scende al 6,2 per cento tra quelle italiane. Così come non è difficile prevedere che le misure di sostegno alla povertà, attualmente allo studio del governo e di molte regioni, vedranno una presenza di famiglie straniere beneficiarie in percentuali maggiori di quelle di residenza. Pur con un impatto complessivamente basso sulla spesa pubblica (si tratta infatti di provvedimenti piuttosto modesti rispetto alla spesa totale), la “concorrenza” delle famiglie straniere su questo tipo di provvedimenti alimenta malumori e paure da parte dell’opinione pubblica.

La conoscenza delle imposte
Nei processi di integrazione degli immigrati, un aspetto specifico riguarda la loro conoscenza del sistema fiscale. L’indagine della Banca d’Italia ha perciò analizzato la consapevolezza sui livelli di governo – nazionale o locale – a cui spetta il gettito di determinate imposte o tasse. Ad esempio, appena il 13,8 per cento delle famiglie straniere conosce la destinazione (comunale) dell’addizionale Irpef. Conoscenza invece ben più radicata tra gli italiani (43,2 per cento). Allo stesso modo, appena un terzo degli stranieri sa qual è la destinazione della Tasi e meno della metà quella della Tari. Cifre ancora più basse per Rc-auto e Irap. La mancata conoscenza dei livelli di governo responsabili della riscossione delle imposte di per sé non comporta problemi rilevanti, ma può rappresentare un indicatore di maggiore o minore integrazione. E dovrebbe essere interesse di tutti i cittadini, italiani e stranieri, conoscere l’utilizzo delle tasse pagate, in quanto contributo al bene comune e alla società cui si appartiene.

Tabella 1 – Redditi, consumi e risparmi delle famiglie (2014)

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