È stato il candidato più votato, con 1.041 preferenze ma è anche l’eletto che fa più paura dentro l’Anm. Quasi nessuno lo vorrebbe come presidente. È Piercamillo Davigo, consigliere di Cassazione, il dottor Sottile del pool Mani Pulite. Il fustigatore dei corrotti piccoli e grandi. Da un anno ha fondato la corrente Autonomia e Indipendenza, promuovendo la scissione dentro Magistratura Indipendente, roccaforte del discusso sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. Alle elezioni della settimana scorsa AeI ha avuto ben 1.275 voti, molti sottratti a Mi ma anche alla corrente di sinistra, Area.
Il cortocircuito nella stanza dei bottoni
Il successo personale di Davigo è un segnale sul tipo di presidenza che vorrebbe una fetta significativa della base: più battagliera. Pensa, si evince da mail, che Davigo voglia e sia in grado di far emergere le responsabilità della politica sulle disfunzioni della giustizia, scaricate, finora, con successo sui magistrati.
Ritiene che puntare sul tetto di carichi esigibili di lavoro vuol dire far capire che inondare di procedimenti ciascun magistrato, contribuisce fortemente a ingolfare la macchina della Giustizia, così come far capire che la legge sulla responsabilità civile può pregiudicare inchieste con indagati eccellenti. E che con questo governo si stanno premiando gli evasori, per esempio. Ma non la pensa così chi è nelle stanze dei bottoni. Unicost, la corrente centrista che ha vinto le elezioni e che più incarna lo spirito del partito della nazione, Davigo non lo vuole. Teme il suo carisma, è stato detto nei colloqui riservati tra correnti, avviati in vista del 9 aprile, quando il “Parlamentino” dovrà formare la Giunta. Inoltre, Unicost non vuole scontrarsi con la politica. E anche la politica, è l’opinione di diversi magistrati, teme Davigo: si fa capire da tutti, e in tv funziona. Difficilmente Renzi, se fosse stato Davigo presidente, nel settembre 2014, avrebbe potuto dire, in risposta alle critiche sulla riforma Giustizia, “Anm? brrr che paura”, senza ricevere una reazione forte e subire un danno di immagine. E poi c’è il peso della vittoria che Unicost mette sul piatto della bilancia. Lo conferma il segretario Roberto Carrelli Palombi: “Noi stiamo lavorando per una Giunta unitaria, non abbiamo pregiudizi ma il fatto che Davigo sia stato il più votato non lo mette in una situazione speciale. Non abbiamo un sistema presidenziale ma democratico che valorizza la lista che ha avuto più voti”.
Chi non vuole certamente Davigo è la sua ex corrente, Mi. Il “segretario ombra” Ferri, com’è ovvio, ha messo un veto assoluto contro chi considera un suo nemico: alle elezioni Mi ha perso oltre 400 voti. E, non a caso, al Csm, in Quinta commissione, il togato di Mi, Claudio Galoppi e la laica di Forza Italia, Elisabetta Casellati non hanno votato la proposta di maggioranza di nominare Davigo presidente di sezione in Cassazione. Il segretario di Mi, Antonello Racanelli nega il fuoco di sbarramento ma non risparmia bordate: “Non poniamo veti su nessuno, ma per una ricostruzione storica va ricordato che, invece, 4 anni fa, è stato posto il veto su Ferri. Se si farà una giunta unitaria non ci può essere qualcuno che parte da Re”.
Il grande risiko delle correnti
Quanto ad Area, pur essendo la seconda corrente, ha perso oltre 400 voti e la crisi interna si fa sentire. Dunque, una parte vuole andare all’opposizione, in modo da recuperare “terreno sociale” e un’altra vuole sondare la giunta unitaria. Sul nome di Davigo c’è dibattito: da un lato c’è chi lo voterebbe, e dall’altro c’è chi lo teme in funzione elettorale. Ma la linea non è stata ancora decisa. Tra domani e sabato, conferma Cristina Ornano, del Coordinamento, “ci saranno riunioni anche con gli eletti”. Per AeI è possibile una giunta unitaria, ma solo con presidente Davigo. “Sono i magistrati che ci hanno votato che ce lo chiedono – spiega il coordinatore Alessandro Pepe – con la loro preferenza hanno riconosciuto la rappresentatività e l’autorevolezza di Davigo”. Delle resistenze sulla sua presidenza, Pepe glissa: “È un discorso che preferisco affrontare nelle sedi competenti”.
Dal Fatto Quotidiano del 17 marzo 2016