Ho ricevuto un biglietto di auguri dai miei suoceri. Recita così: “Sembra tutto un grande scherzo. Finché non capita a te.” E a caratteri cubitali, sullo sfondo, un 40 argentato.
Eh già. Oggi sono quaranta. Quando ero una ragazza film come 2001 odissea nello spazio sembravano veramente raccontare il futuro, uno scatto temporale difficile da immaginare. Quando calcolavo con le amiche i numeri del nostro domani, sapevamo perfettamente che nel 2000 avremmo avuto 24 anni, ai quaranta e al 2016 non pensavamo affatto. Il futuro era il 2000, il resto fantascienza.
I quaranta sono arrivati, come tutti gli anni, a San Patrizio. Quando ha tagliato lo stesso nastro, il padre di una mia amica è restato a letto tutta la giornata, mentre una ex collega è caduta in depressione per mesi. Tempo fa, un uomo più vecchio di me, mi disse che “a quaranta sei sopra un monte e da lì non ti resta altro che scendere”. Forse intendeva dire che dopo questo valico metaforico le cose vengono più facili o forse che il ticchettio biologico del tempo accelera il passo.
Avere quarant’anni in Italia non è facilissimo perché l’Italia è piena di ‘ragazzi’ di quaranta e cinquant’anni. Io però non mi sento una ragazza. Certo, a volte vorrei tornare ad esserlo, ma dirlo mi renderebbe ridicola agli occhi di quelle che veramente lo sono. Quando io avevo vent’anni, i quarantenni non erano affatto ragazzi… erano vecchi!
In questo luogo di confine molti avvertono il bisogno di fare dei bilanci, per me i conti si fanno solo dopo i titoli di coda e oggi sento di essere solo alla fine del primo tempo. È innegabile, fa una certa impressione, nonostante i quarantenni del 2016 abbiano un aspetto più giovanile e siano più in forma di quelli del 1976. Così come quelli del ’76 stavano meglio di quelli nati negli anni del fascismo.
Anche se l’età anagrafica non corrisponde di primo acchitto all’età biologica, che ci piaccia o no, la somma degli addendi resta invariata. Se non te lo dice lo specchio, te lo dicono gli inviti dell’Asl ai vari screening o il bisogno degli occhiali per leggere il giornale. C’è chi si attacca ostinatamente a una fotografia di gioventù che non esiste più, perseguire quell’immagine non li rende più giovani ma solo più disorientati. C’è chi è convinto che il periodo trascorso fosse il climax della propria esistenza, il passato porta con sé un alone di gloria, forse perché parte di un ciclo finito, senza diritto di replica. Un po’ come per i morti di cui si tende a ricordarne le virtù anziché le manchevolezze terrene.
Dei vent’anni tratteniamo un ricordo benevolo e lezioso, scordando le inadeguatezze, le incertezze e l’infelicità in cui potevamo sprofondare.
Possibile che solo per il fatto di essere giovani si fosse per forza più felici?
È il problema dell’Italia di oggi, troppo arrendevole per guardare al futuro, magnifica il passato dimenticandosi il presente. Beh, il mio presente è oggi. E oggi fanno quaranta.
La vita è qui e ora, postulato semplice ma complicato da interiorizzare. Anche se un po’ ammaccata, stropicciata nell’anima, procedo a tentoni in questa selva zeppa di incognite. Non mi è dato sapere dove e per quanto la corrente mi sospingerà, ma so con certezza dove mi trovo oggi.
Siamo in questo viaggio insieme.