Il deputato del Pd Sergio Boccadutri, primo firmatario di un emendamento all’articolo 17 del disegno di legge di conversione del decreto sul credito cooperativo ha fatto annunci trionfanti, ma la nuova norma non elimina il meccanismo, per altro vietato, che fa crescere esponenzialmente i debiti dei clienti degli istituti
A dar retta alle cronache, il 17 marzo è una di quelle date da segnare sul calendario e celebrare ogni anno. Il 17 marzo 2016, infatti, sarebbe stato definitivamente sconfitto l’anatocismo, cioè la pratica di far pagare gli interessi sugli interessi, e sarebbe anche stato inferto un colpo tremendo agli sciacalli che comprano immobili nelle aste giudiziarie tanto per speculare. Ad annunciare la fine dell’anatocismo è stato il deputato del Pd Sergio Boccadutri, primo firmatario di un emendamento all’articolo 17 del disegno di legge di conversione del decreto sul credito cooperativo. L’emendamento che cancella l’anatocismo è stato approvato in Commissione e, come dice lo stesso Boccadutri, la sua riformulazione “va nel senso di precisare ancora di più la norma, evitando così quelle ulteriori possibili interpretazioni che causano poi il facile ricorso al contenzioso, che aumenta i costi a tutela dei propri diritti”.
In effetti, l’emendamento precisa che nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento e nei finanziamenti concessi attraverso le carte di credito (le cosiddette revolving card) ai clienti non solo deve essere garantita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi debitori e creditori, ma che questa non può comunque essere inferiore all’anno. Un bel passo avanti rispetto all’art. 120 del Testo unico bancario che fa esplicito riferimento solo ai rapporti di conto corrente e che non stabilisce alcuna periodicità nel calcolo degli interessi, limitandosi a dire che la periodicità deve essere la stessa per il calcolo degli interessi attivi e per quelli passivi. Purtroppo però l’anatocismo che esce dalla porta, può rientrare dalla finestra: l’emendamento Boccadutri stabilisce infatti che “è fatta salva la possibilità per il cliente di autorizzare preventivamente l’addebito degli interessi debitori sul conto o sulla carta decorso un termine di 60 giorni dalla valuta degli interessi medesimi”.
In parole povere, se gli interessi non vengono liquidati entro sessanta giorni possono andarsi ad aggiungere al capitale dovuto e produrre così nuovi interessi. Sotto questo profilo l’emendamento non si discosta dalla linea della Banca d’Italia che la scorsa estate proponeva di consentire il rimborso degli interessi annuali attraverso il fido con “conseguente produzione di interessi su quanto utilizzato per estinguere il debito da interessi”. Con l’emendamento Boccadutri, quindi, l’anatocismo resta per legge, avendo trasformato a tutti gli effetti in norma la contestatissima proposta della Banca d’Italia. Non bisogna infatti dimenticare che l’anatocismo – già vietato per legge ma da sempre praticato dalle banche con il placet di Via Nazionale – è un meccanismo perverso che fa crescere esponenzialmente il debito e che ha contribuito a strozzare tante famiglie e tante imprese in questi anni di crisi.
L’altro emendamento approvato il 17 marzo modifica l’articolo 16 del disegno di legge di conversione del decreto sul credito cooperativo, che prevede cioè una sostanziale esenzione fiscale per chi acquista un immobile nel corso di un’asta giudiziaria per poi rivenderlo entro due anni. Una norma che ha fatto scandalo perché rappresenta un gigantesco regalo alle banche e agli intermediari immobiliari (che si troveranno a pagare solo 200 euro a immobile anziché il 9%) e perché corre in parallelo con le norme sui mutui (poi modificate) che consentivano alle banche di vendere direttamente le case dei mutuatari inadempienti senza passare dal tribunale. Per cercare di indorare la pillola ai cittadini è stato allora deciso di estendere lo sconto fiscale anche ai privati a patto che l’immobile acquistato all’asta giudiziaria abbia le caratteristiche di “prima casa”.
Un contentino peraltro solo teorico dato che di privati che vanno alle aste giudiziarie per acquistare la prima casa ce n’è davvero pochi e che quei pochi non hanno alcuna possibilità di spuntarla di fronte agli squali che si spartiscono gli immobili all’incanto. Ciononostante, il capogruppo del Pd, Michele Pelillo, ha spiegato che con questa norma si mette anche un paletto anti-speculatori, visto che si definisce soggetto che può usufruire dello sconto colui che svolge attività d’impresa, cioè “chi professionalmente agisce nel mercato immobiliare e non per attività meramente speculativa”. Di parere diametralmente opposto è Confedercontribuenti che denuncia come questa sia “una norma che nei fatti premia speculatori e la malavita organizzata che solitamente acquistano all’asta gli immobili, di chi per gravi difficoltà economiche, non ha potuto adempiere alle proprie posizioni debitorie”. Il presidente di Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiaro, sottolinea poi che “oggi nelle aule Parlamentari viene sancito lo sconto per speculatori e mafiosi; questo rappresenta un gravissimo colpo alla lotta contro tutte le usure e contro tutte le speculazioni finanziarie. Un colpo alla credibilità dello Stato di diritto”.