Carte di credito clonate? Responsabile civilmente è la banca, se non ha adottato tutte le misure per evitare che accadesse. Dunque, questa non può opporsi al rimborso. E men che meno può segnalare nel registro dei cattivi pagatori il nominativo di un correntista che ha accumulato un semplice ritardo. È una sentenza destinata a fare scuola quella emessa dal Tribunale di Lecce l’11 marzo scorso, uno strumento di tutela in più nelle mani delle vittime di frodi di questo tipo, aumentate del 20 per cento in un anno, secondo il ministero dell’Economia.
IL CASO: BLOCCATA OGNI FORMA DI CREDITO – Il caso specifico è quello di un impiegato salentino di 60 anni, possessore di una carta cosiddetta “revolving”, quella cioè che rateizza il pagamento degli acquisti. Nel giugno 2010, l’uomo si è visto scalare dal proprio conto 1.570 euro: sei prelievi di denaro contante erano stati effettuati in diverse città del nord Italia, come Siena, Firenze e Modena. Eppure, lui non si era mai spostato dalla provincia di Lecce. Accortosi dell’ammanco, ha chiesto subito il blocco della carta, ha disconosciuto quelle operazioni e ha sporto denuncia contro ignoti. Sarebbe dovuto bastare ciò. E invece, da quel momento, sono iniziati gli altri problemi. Al danno si è aggiunta la beffa: anziché riconoscergli il ristoro, la banca gli ha richiesto il versamento di quelle somme mancanti. Di più, nonostante diverse diffide, ha segnalato il nominativo del cliente nella categoria dei crediti in sofferenza presso i Sistemi di Informazioni Creditizie. Di conseguenza, all’impiegato è stato impedito di accedere concretamente ad ogni forma di finanziamento. Con i rubinetti chiusi, l’uomo non ha potuto sostenere le cure sanitarie e odontoiatriche a cui avrebbe dovuto sottoporsi.
IL TRIBUNALE: “LA BANCA NON PUO’ ESCLUDERE LA CLONAZIONE” – Condotta illegittima quella della banca, secondo il Tribunale, che ha accolto le ragioni del salentino, difeso dall’avvocato Raffaele Colluto. Come riportato nel provvedimento a firma del giudice Angelo Rizzo, l’istituto finanziario ha “escluso, perentoriamente ed immotivatamente la possibile clonazione della carta di credito, forse dimenticando che la clonazione è un fenomeno diffuso e praticamente inarrestabile realizzato con mezzi sofisticatissimi da bande di criminali che scorrazzano in tutta Italia, depredando gli incolpevoli correntisti …”. Inoltre, secondo il magistrato, è da ritenere illegittima anche la segnalazione del cliente come “cattivo pagatore”. Alla vittima, dunque, oltre al rimborso di tutte le spese e competenze legali, è stato riconosciuto un risarcimento danni di 3mila euro, sia per il discredito subito alla sua onorabilità sia per la sua estromissione dal mercato finanziario.
I PRINCIPI GIURIDICI A TUTELA DEL CONSUMATORE – Nei rapporti commerciali tra banche e consumatori, dunque, vengono fissati due principi fondamentali. “Innanzitutto – spiega l’avvocato Colluto – secondo il Tribunale di Lecce, quando un cliente denuncia la clonazione della propria carta, l’istituto di credito deve provare di aver adottato tutte le misure idonee offerte dalla tecnica al fine di evitare il danno, altrimenti sarà esso stesso tenuto a rispondere di tutti i rischi tipici della sua sfera professionale. Poi, è stabilito che ogni segnalazione negativa nel registro dei cattivi pagatori non possa più avvenire in maniera superficiale e disinvolta. Pertanto, non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito; anzi, deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza”.
IL DOSSIER DEL MINISTERO: “FENOMENO SEMPRE PIU’ PARCELLIZZATO” – Un precedente non da poco, visto che quello della clonazione è un fenomeno sempre più diffuso. Lo confermano i dati del “Rapporto statistico sulle frodi con carte di pagamento” pubblicato nel 2015 dal ministero dell’Economia e delle Finanze: nel 2014, ci sono stati più prelievi illeciti, per quanto dalle somme più ridotte. Il valore totale delle transazioni non riconosciute, infatti, è aumentato del 5 per cento rispetto all’anno precedente: il loro numero è salito del 20 per cento, mentre si è registrata una contrazione degli importi medi delle singole frodi, scese da 177 a 151 euro. “Trattandosi di una tendenza già riscontrata nel corso del 2013 – avverte il dossier – è possibile ipotizzare un nuovo modus operandi criminale che predilige la parcellizzazione e la moltiplicazione delle transazioni per aggirare le soglie di attenzione sia degli istituti emittenti sia degli stessi utenti”.
di Giuliana Forte