Per la prima volta Martina Levato accusa l’ex compagno e padre di suo figlio, Alexander Boettcher. Lo fa con un manoscritto depositato dall’ex bocconiana, già condannata a 14 e 16 anni di carcere nei due procedimenti sulle aggressioni con l’acido, nel processo ancora in corso a carico del broker di origine tedesca. Sei pagine nelle quali la giovane, oltre ad imputare a lui per la prima volta la “regia” dei blitz, racconta le “pratiche di dominazione” di quell’uomo, il quale voleva “che io perdessi un braccio, una gamba, perché io non fossi più desiderabile agli occhi degli altri”. E per queste parole lei ora teme la sua vendetta.
Già nei giorni scorsi Martina, che da settimane aveva fatto sapere di aver rotto la relazione con il broker, aveva chiesto ai giudici del processo a Boettcher (condannato a 14 anni per aver sfigurato Pietro Barbini e alla sbarra per le altre aggressioni) di essere ascoltata nuovamente per parlare delle “responsabilità penali” del suo ex amante. Il collegio, però, due giorni fa ha respinto l’istanza, anche se le parti civili (i legali Paolo Tosoni, Andrea Orabona, Benedetta Maggioni, Chiara Graffer e Roberto Parente) hanno chiesto al Tribunale di valutare la possibilità di sentirla nella prossima udienza il 22 marzo.
A questo punto, l’ex bocconiana, attraverso il suo legale, l’avvocato Alessandra Guarini, ha fatto pervenire dal carcere alla cancelleria dei giudici il memoriale nel quale per la prima volta chiama in causa Boettcher nelle aggressioni. Martina scrive di non essere riuscita a farlo prima per la “paura, per me e per i miei familiari” e per “la confusione ingenerata dal tentativo riuscito di manipolarmi da parte di Boettcher”. In primo luogo, la giovane racconta di come Alex “mi controllava“: con le “cinghiate“, gli “schiaffi”, “venivo sottoposta – è la sua versione – a infinite ore di interrogatorio perché lui voleva conoscere ogni dettaglio di quelli che secondo lui rimanevano imperdonabili tradimenti“. E parla anche delle “infinite” prove “d’amore” che “dovevo dare: marchiature, tatuaggi, incisioni, assistere a rapporti con altre donne, accettare pratiche di dominazione sessuale e offese continue”. E fa riferimento alle “violenze viste nei video” ormai noti e mostrati in aula. Inoltre, spiega che lui “voleva e doveva essere il mio unico punto di riferimento al punto che mi costringeva a chiamarlo ‘papà‘, eh sì perché andavo rieducata dal momento che avevo peccato tradendolo“.
Dopo aver descritto questo “controllo” al quale non sarebbe riuscita a sfuggire per “il senso di colpa” e le “minacce” anche verso la sua famiglia, Martina dà una nuova versione dei fatti al centro dell’inchiesta. Racconta che prima “di chiedermi di punire” i suoi ex colpendoli con l’acido, Alex “mi aveva proposto, tra le tante cose, di simulare un incidente stradale e procurarmi delle gravi lesioni fisiche”. E dice che nel pc di suo padre “si possono trovare ricerche su come simulare un incidente che io stessa avevo fatto”. Se prima aveva attribuito gran parte delle responsabilità al presunto basista Andrea Magnani, ora scrive che lui era ‘sedotto’ da Alex. Fu Boettcher, a detta di Martina, a “chiedermi di ferire” Antonio Margarito, che subì un tentativo di evirazione, “con un coltello“.
Nel blitz contro Giuliano Carparelli, che schivò un lancio di acido, “fu Alex a volere la sua aggressione perché con lui avevo avuto un’effusione”. E “chiese altri sopralluoghi” dopo il tentativo fallito. Anche “su Barbini” fu sua “la regia” ed “era prevista la sua presenza per controllare”. In base “al piano”, scrive ancora, “dovevo essere io a finire in carcere, né lui né Magnani”. Infine, non è nemmeno “più in grado di escludere” la “responsabilità di Alex” nell’aggressione a Stefano Savi. Ed ora, anche se “finalmente libera” da lui, teme le sue “ritorsioni” verso “i miei genitori” anche “con amici pronti ad aiutarlo dall’esterno”.