Ma in definitiva a che servono le Nazioni Unite? E che cosa fa l’Italia di concreto alle Nazioni Unite? La duplice domanda che ci angoscia – anche perché, se non esistesse l’Onu, il mondo forse si sarebbe già distrutto – a quanto pare incomincia a trovare una risposta.

Grazie ai buoni uffici dell’eternamente sorridente segretario generale Ban Ki-Moon, sudcoreano e dopo due mandati ormai prossimo all’uscita, i 193 governi rappresentati nel Palazzo di Vetro hanno approvato una risoluzione che, semplificando, in sostanza dice: “tutti gli esseri umani del pianeta hanno diritto a essere felici”. E l’Italia (fatto strano, essendo gli italiani afflitti dalla fama di gente che protesta, e che non va d’accordo neppure con se stessa) in questa azione planetaria ha deciso di impegnarsi in prima linea, a fianco del non molto conosciuto, ma paradisiaco, stato polinesiano del Palau, nell’iniziativa di riconoscere la felicità come diritto crede fortemente.

Senza perdere tempo, con la Risoluzione sulla felicità globale appena uscita dalle fotocopiatrici, l’Onu ha proclamato il 20 marzo “Giornata internazionale della felicità”, che Ban-Ki Moon ha inaugurato a modo suo, lanciando enormi grappoli di palloncini colorati verso il cielo.

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Gli scettici, come c’era da aspettarsi, hanno pesantemente ironizzato. “Ma come?”, hanno inveito. “Con le guerre che continuano a scoppiare, le malattie, la fame, l’analfabetismo e il problema vergognoso delle violenze sessuali e discriminazioni che colpiscono i più deboli e le donne soprattutto, c’è chi perde tempo e ha voglia di scherzare con proposte senza senso come questa?”

Nulla da fare. La risoluzione globale sulla felicità ormai è partita. Mentre all’Onu affluiscono delegazioni di entusiasti, l’ambasciatore dottor Angelo Antonio Toriello, rappresentante permanente della Repubblica di Sao Tomè e Principe, in una conferenza stampa illustra con passione l’alto significato dell’iniziativa. Toriello, come dice il nome, è di origini italiane ed è molto fiero del fatto che all’iniziativa promossa da Palau si sia subito associata anche l’Italia, che sarà presente al convegno con un intervento dell’ambasciatore all’Onu Sebastiano Cardi.

“Il piccolo paese che ho l’onore di rappresentare – dice Toriello, che pur essendo di lingua portoghese parla speditamente anche in una molteplicita’ di lingue fra le quali l’italiano – è davvero un Paradiso al largo dell’Africa Occidentale, nel Golfo di Guinea. Siamo un piccolo arcipelago divenuto indipendente solo nel 1975, dove vivono meno di 200 mila abitanti, un tempo colonia portoghese e tappa dell’ignobile mercato degli schiavi. Oggi Sao Tomè e Principe è famoso invece come asilo delle tartarughe marine, che da noi vengono da millenni a depositare le uova nella sabbia. Sono loro, anzi, le abitatrici originarie perché l’arcipelago un tempo era disabitato”.

In sintesi, che le tartarughe giganti a Sao Tomè vivano felici, perché nessuno le disturba, si può capire facilmente. Ma gli umani? “Anche loro – risponde Toriello – vivendo in questo ambiente hanno capito che la felicità è dentro di noi. Non ha nulla a che fare col denaro”. E aggiunge che un importante primo passo, per la salute non solo fisica, ma mentale, degli abitanti (o “invasori”) umani del pianeta, è stata la Risoluzione delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Un tema che appassiona enormemente non solo i sognatori, i santi e i filosofi, ma soprattutto i giovani.

Del resto, il primo passo in questo senso nell’epoca moderna è stato quello della Dichiarazione d’indipendenza americana votata nel 1776 a Filadelfia, che proclama: “noi consideriamo evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono stati creati come uguali e che hanno ricevuto in dote dal Creatore alcuni inalienabili diritti, fra i quali quelli alla vita, alla libertà, e al perseguimento della felicità”.

Con parole meno alate, una delegata ammette che finora il modello di sviluppo è andato invece nella direzione del consumismo inane e della dissipazione di risorse. Ora però, aggiunge, con la formula dello sviluppo sostenibile, qualche cosa di fondamentale sta cambiando. “Essere felici in fondo è semplice”, spiega. “Basta fare qualcosa per qualcuno invece di pensare solo a noi”. E Toriello conclude con due parole seguite da una faccetta proiettata sullo schermo: “Be happy!”. Applausi, mentre tutti si precipitano al buffet: che non si paga.

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