“Rispetto agli emigrati, molti sostengono che chi se ne va dall’Italia è come se avesse gettato la spugna e rinunciato a lottare per farla diventarla un posto migliore. Io sarò egoista ma me ne sono andato perché sono convinto che tanto, se fossi restato, non avrei potuto cambiare nulla”. Il motivo per cui Paolo Grazioli, cremonese di 39 anni è partito dall’Italia è questo: “Amo il mio Paese ma l’unico modo per realizzarmi è andare via”. Prima Bruxelles, poi Montpellier, dove vive da da quasi sei anni e lavora come tecnico per una grande multinazionale informatica. Arrivarci è stato un percorso a ostacoli, che include anche occasioni perse. Come quella per un impiego in Spagna, nel 2004, la prima opportunità di lavoro arrivata dall’estero dopo avere intrapreso e poi interrotto l’università.

“Mi ero iscritto a Informatica a Crema – racconta -, ma ho mollato quasi subito non appena mi si è prospettata la possibilità di lavorare come grafico editoriale. “Fotoritocco e impaginazioni è sempre meglio che studiare”. Dopo otto anni di esperienza arriva il colloquio in Spagna per una posizione da tipografo. Alla quale dice no. “Non soppesando tutti i pro e i contro, dopo il colloquio mi sono lasciato scappare la prima occasione”. Paolo capisce però che il ramo del quale si è sempre occupato (grafica e tipografia) non offre molti sbocchi fuori dai confini italiani.

Da qui la decisione di investire tempo ma soprattutto denaro iscrivendosi ad un corso di specializzazione Cisco per ottenere la certificazione in tecnologia e reti informatiche, la sua “seconda passione dopo la grafica e la tipografia”. Lascia poi il lavoro di grafico e si butta a capofitto nel corso di specializzazione. “Sei pazzo, mi dicono i parenti. Ma io avevo bisogno di cambiare aria”. Ottenuta la certificazione arriva il primo trasferimento, ma resta in Italia: a Vimercate nel 2007 con un contratto a progetto come tecnico networking. Paolo inizia ad installare apparecchi di rete in tutto il Nord. Ma è il primo passo verso Bruxelles.

“Nell’estate del 2008 vengo contattato da Cisco perché cercano un agente di supporto tecnico che parli italiano e inglese”. Colloqui, andati tutti bene, e poi il classico biglietto di sola andata. “Stavolta è fatta, mi dico. Non sapevo nulla del Belgio e meno che mai di Bruxelles, ma il primo impatto è stato meraviglioso. Temevo di finire in un angolo a frignare desiderando di tornare a casa e invece tutto il contrario. Dopo due o tre mesi ero talmente gasato che decisi che mai più sarei tornato a lavorare in Italia”.

Dopo una breve carriera alla Cisco, a Paolo arriva l’offerta di una grande multinazionale informatica: supporto tecnico a Montpellier. Dopo due anni a risolvere problemi dei clienti, da tre anni è istruttore tecnico e “l’equilibrio tra lavoro e tempo libero è ottimo. Difficile cambiare”. Ha lasciato l’Italia senza una laurea e con pochi soldi, e ora ha un contratto da 1.500 euro al mese. Anche in Francia, però, le spese pesano: per l’affitto di un appartamento di 60 metri quadri Paolo spende 700 euro al mese e paga “taxe d’habitation (una sorta di Tasi sommata alla tassa rifiuti) che all’anno ammonta a 1.100 euro. E Oltralpe non manca la curiosità per la politica Italia, che anche Paolo fatica a spiegare. “Non so che rispondere quando mi chiedono come mai in Parlamento abbiamo così tanti indagati e arrestano un politico ogni due per tre. E poi avete mai provato a spiegare il supercanguro ad uno straniero?”.

Twitter: @bacchettasimone

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

“I nostri piatti marchigiani nel mercato di Madrid. In Italia la cucina è più immagine che lavoro”

next
Articolo Successivo

“A Lisbona l’oceano è il mio posto di lavoro. L’Italia? Più immobile dei paesi poveri. E difende lo status quo”

next