Nuovi dettagli dall'interrogatorio del regista degli attentati a Parigi. “Armi pesanti trovate e rete di contatti rendono credibili le sue parole”, sostiene il membro del governo di Bruxelles. L'avvocato del terrorista denuncia il procuratore francese per rivelazione del segreto istruttorio: “Non doveva dire dello Stade de France”
Emergono nuovi dettagli dall’interrogatorio di Salah Abdeslam, il terrorista islamico fra i protagonisti della mattanza di Parigi del 13 novembre e catturato a Bruxelles il 18 marzo.
A rivelarli il ministro degli Affari esteri del Belgio Didier Reynders: “Ha detto che era pronto a far ripartire qualcosa. E probabilmente dice la verità”. Di che si tratti quel “qualcosa” non è difficile immaginarlo: nuovi attentati da sferrare nel cuore dell’Unione europea preparati nella casa rifugio del rione di Molenbeek da dove, per quattro mesi, ha tenuto in scacco l’intelligence di mezza Europa impegnata, fino ad allora, in una infruttuosa caccia all’uomo.
Secondo Reynders, che Salah sia sincero lo dimostrano una serie di dettagli: “le armi pesanti recuperate, oltre alla nuova rete di contatti che il terrorista aveva costruito qui a Bruxelles”.
Nuove rivelazioni dopo quelle emerse ieri quando, come ha riferito il procuratore di Parigi Francois Molinnel, Salah avrebbe confidato al giudice che la notte degli attentati nella capitale francese voleva farsi esplodere allo Stade de France per poi ripensarci.
Parole che non sono piaciute al difensore dello jihadista, Sven Mary, che ha annunciato un’azione legale contro il magistrato francese perché avrebbe violato il segreto istruttorio. La rivelazione dell’obiettivo, l’arena dove in quel momento si disputava il match Francia-Germania, sono particolari “che è troppo presto per poter rivelare”. Ma da Parigi ribattono che secondo le normative d’Oltralpe ai procuratori è consentito di parlare pubblicamente di un’indagine.
Fatto sta che Abdeslam, almeno per il momento, non ha nessuna intenzione di collaborare con la giustizia francese. Al contrario continua a essere intenzionato a opporsi all’estradizione in Francia e in cambio ha manifestato l’intenzione di collaborare con gli inquirenti del Belgio.
Come è emerso ieri, il capo di imputazione ufficiale è “omicidio con finalità di terrorismo e partecipazione a organizzazione terroristica” e contro di lui Parigi ha spiccato un mandato di cattura europeo, uno strumento che mira ad aggirare l’opposizione all’estradizione, come ha confermato il ministro belga della Giustizia Koen Geens.
L’uomo ha trascorso la sua prima notte in cella nella sezione di massima sicurezza del carcere di Bruges, dove è detenuto “in isolamento” e “sottoposto a regime speciale”. Mercoledì prossimo ricomparirà davanti agli inquirenti per un altro interrogatorio.
Intanto non si allenta l’allerta terrorismo dopo la raccomandazione di ieri dell’Interpol agli stati membri di rafforzare i controlli ai confini: in Inghilterra l’allerta è massima e Londra si sta preparando ad affrontare una serie di attacchi in contemporanea ancora più devastanti di quelli che hanno sconvolto la capitale francese il 13 novembre.
Dopo le dichiarazioni del capo dell’antiterrorismo di Scotland Yard, Mark Rowley, sul rischio di attacchi “enormi e spettacolari”, oggi il Sunday Times, citando una fonte di Sua Maestà, rincara la dose: “Noi eravamo pronti a tre attacchi simultanei, ma Parigi ci ha mostrato che dobbiamo prevederne anche di più, a reagire se qualcuno provasse a pianificarne sette, otto, nove o anche dieci”.