Le neuroscienze ci insegnano che le parole plasmano il nostro cervello.
Dovremmo porre più attenzione alle parole che pensiamo e che pronunciamo, soprattutto in tema di salute. Curare, curarsi e guarire, ad esempio, non sono la stessa cosa. E ce lo dicono anche le loro etimologie, quel rizoma dei significati che abita la parola e ne rivela l’essenza. Curare deriva dalla radice sanscrita di cura, Ku o Kav, la stessa di Kavi, saggio. Nella sua forma latina si scriveva Coera ed esprimeva l’atteggiamento di premura, preoccupazione nei confronti di una persona od oggetto amati, il “prendersi cura di”.
La parola guarire compare nell’antico spagnolo come Guarecer, da Garir, derivante dal germanico Varian, da cui Wher, difesa, o Ware in inglese (che indica la consapevolezza, ad esempio to be aware). In antichità guarire significa preservare, difendere, salvare dal male, attraverso il guardare, diventare consapevoli. Concetto molto più profondo del più limitato far tornare in salute cui si riferisce oggi il termine guarire. E soprattutto concetto che rimanda alla osservazione: dal latino Ob-Servare, che rimanda alla radice indoeuropea Swer-Swor, che esprime l’idea del guardare, custodire, stare in guardia. Interessante sapere che il verbo “vedere” in greco, horao, originariamente significasse collegarsi con la luce del sole: qualcosa del genere “vedo perché la luce ha illuminato”. Che riflessioni ricavare da questo excursus etimologico? Innanzitutto che guarire ha a che fare con una sorta di nuova visione, di illuminazione, con la capacità di diventare consapevoli, di osservare rivolgendo gli occhi alla luce.
Incredibile che neuroscienze e fisica quantistica ci conducano alla stessa conclusione: si guarisce per un salto di frequenza che riporta lo stato vibrazionale del nostro Dna, delle nostre cellule, dei nostri neuroni in armonia. Non solo i farmaci, ma anche i pensieri e le parole hanno potere su questo stato vibrazionale, come illustrato dagli studi dell’Hearthmath Institute, di Glen Rein, Piotr Garjajev, Luc Montagnier, Erwin Laszlo, Aamit Goswami fino ad arrivare agli italiani Pier Mario Biava, Emilio Del Giudice, Anna Bacchia, solo per citarne alcuni. Allora le vostre convinzioni sulla cura e sulla guarigione hanno potere di interagire con la cura e la guarigione stesse. Cosa pensate veramente della malattia e della guarigione? Ritenete che sia normale avere sempre qualche disturbo? Quelli che chiamate da stress? Ansia, mal di testa, gastriti di vario genere e intensità? Sovrappeso? Che sia normale invecchiare? Che è tutto frutto della genetica?
Si chiamano credenze o convinzioni. Abitano nel subconscio, sono la legge interna che sancisce la nostra visione più profonda del mondo e ci fa persino arrabbiare se qualcuno prova a metterla in dubbio.
Nelle credenze e nelle convinzioni, sta scritto il nostro destino.
Quasi sempre siamo inconsapevoli dell’enorme potere dei nostri pensieri e soprattutto di ciò che in qualche modo riteniamo vero a livello inconscio. Le credenze sono il frutto di generalizzazioni che nel corso dell’esperienza il nostro cervello ha operato per comprendere la realtà e crearsene una mappa. Ma, come recita un famoso motto, la mappa non è il territorio: le credenze sono sempre una interpretazione soggettiva della realtà.
Quelle positive costituiscono i binari che ci conducono al successo e all’auto-realizzazione. Quelle negative, al contrario, sono le zavorre che ci limitano.
Il nostro sistema di credenze è collegato al nostro sistema nervoso, attraverso il sistema delle reti neurali. È provato che il sistema delle credenze può influenzare il nostro sistema immunitario e tutto il versante fisico.
La buona notizia riguardo alle credenze è che esse possono essere modificate, così come il nostro cervello. Il famoso libro di Norman Doidge, The Brain that changes itself, ci mostra come il cervello possa cambiare se stesso grazie alla neuroplasticità.
Questo è quel genere di conoscenze che vi sposta dalla posizione nella quale siete costretti a far dipendere il controllo della vostra vita da qualcosa di esterno a voi, alla posizione nella quale prendete coscienza di voi stessi, del ruolo che voi giocate nel dirigere la vostra vita e il modo di affrontarla, anche nel rapporto con la medicina: la vostra salute non dipende da qualcosa che è al di fuori del vostro controllo, ma da voi stessi, in relazione al medico e alle medicine che a questo punto potete scegliere.
Il futuro, ormai già presente della medicina, passa proprio per questa rivoluzione del paradigma medico, in cui medico e paziente sono co-creatori del cambiamento.
Per approfondire vai al video: http://anima.tv/blog/2015/anatomia-della-guarigione/.