Scuola, sanità, trasporti. In una parola: i servizi pubblici. Spesso nel mirino degli italiani per la loro inefficienza. E se all’elenco si aggiunge anche la giustizia amministrativa, il quadro è completo. Quel che lo Stato restituisce ai contribuenti sotto forma di ‘prestazioni’ a fronte di una pressione fiscale giudicata a furor di popolo insostenibile, troppo spesso è considerato merce scadente rispetto al prezzo pagato. Per questo, in Parlamento c’è chi propone di sottoporre la Pubblica amministrazione al ‘rating’ dei cittadini, con cui poi accedere ad una qualche forma di ‘risarcimento’: sconti fiscali o riduzioni di imposta di fronte a rilevanti e ripetute carenze nell’offerta di servizi.
A proporre un meccanismo di valutazione dei servizi pubblici, è il presidente del gruppo Misto di Montecitorio Pino Pisicchio, con una proposta di legge, di un solo articolo, che affida al governo il compito di individuare princìpi e criteri per la definizione dei livelli minimi di funzionamento e l’entità degli sgravi fiscali corrispondenti. Non solo: sono previste sanzioni ad hoc per gli enti locali che non applicano la riduzione fiscale.
Le prestazioni, infatti, recita il testo della proposta di legge delega, devono essere “adeguate al livello del sostegno economico offerto dall’utente” se è vero, al netto del “criminale tasso di evasione fiscale”, che tutti i cittadini sono chiamati a pagare le tasse per potersi curare, mandare i figli a scuola, viaggiare sui mezzi pubblici.
Toccherà quindi all’esecutivo, attraverso criteri “non soggettivi e non opinabili”, fissare le regole (comprese quelle che dovranno indicare gli strumenti di valutazione da affidare agli utenti) per accertare se nel ‘contratto’ che il cittadino stipula con la pubblica amministrazione la prestazione sia al di sotto dei livelli minimi e tale da far scattare lo sconto. A stabilire quale sia questa soglia minima di funzionamento, “per ogni tipologia di servizio pubblico”, sarà una commissione ad hoc di nomina governativa cui competerà anche il compito di stabilire il giusto risarcimento per il cittadino.
Certo, bisogna fare i conti con la crisi e la spending review. Ma, argomenta Pisicchio, è inaccettabile che questi handicap diventino l’alibi per un’offerta scadente da parte della pubblica amministrazione. Come dimostrano anche gli ultimi dati della Cgia di Mestre, secondo la quale sono 7 le regioni italiane, tutte concentrate al Sud, ad essere entrate nella black list delle peggiori 30 dell’Ue per qualità della pubblica amministrazione. Il rating, dunque, si candida a sostituire il Barometro della qualità dei servizi pubblici varato con la riforma Brunetta, sempre che fisco e governo, questa volta, siano disposti a rinunciare ad una parte del gettito.