Una bella bistecca alla fiorentina, un panino al prosciutto e formaggio, una grigliata di pesce (ovvero un piatto di sushi), un tiramisù al mascarpone, una spolverata di parmigiano sulla pasta o un gelato a base di latte rappresentano per tanti dei piaceri gastronomici. Piaceri cui i vegani invece rinunciano con convinzione, sul presupposto che ogni sfruttamento di un animale, quindi di un essere senziente, sia di per sé illecito e riprovevole.
E non vale il ragionamento secondo cui mangiare carne o derivati animali sia una scelta personale di gusto o al limite culturale e non già un obbligo per tutti: in questa diversità di vedute non c’è un reciproco rispetto o una tolleranza cui appellarsi perché la sentenza dei vegani è senza appello e senza alcuna tutela per le minoranze ovvero le maggioranze che la pensassero diversamente. La tutela dell’animale è un valore assoluto, è materia quindi non negoziabile e il fatto che molti animali siano a loro volta carnivori non rileva.
Quando si parte da punti di vista radicalmente inconciliabili, ciascuna parte diventa inevitabilmente impersuasibile. Avviene in tutte le questioni socialmente laceranti in cui entrino in gioco visioni antropologiche profondamente diverse o il senso stesso della libertà individuale. Già, perché in fin dei conti i vegani ci ricordano che non esiste un’idea univoca di libertà: se, come affermano i vegani, ci sono dei valori assoluti, la libertà consiste nel rispettarli senza “se” e senza “ma” proprio perché non c’è alcuna libertà da difendere nel fare del male violando questi valori.
Recentemente, in Parlamento e nel Paese, il DDL Cirinnà-Lumia è stato teatro di un analogo muro contro muro tra chi partiva da una visione naturale della famiglia e chi invece da quella culturale. Anche qui, sfrondati gli argomenti propagandistici delle due minoranze di attivisti in lotta, la questione di fondo è la stessa: c’è chi crede che esista un ordine naturale che si impone come legge interiore al proprio agire e chi invece fa del proprio libero agire, con il solo limite di non ledere quello altrui, un valore altrettanto assoluto. Già, perché anche chi afferma che non esistono valori assoluti fa un’affermazione assoluta che lo smentisce sul piano logico e che lo porta inconsapevolmente a voler sostituire un’intolleranza vera o presunta con un’altra uguale anche se di segno contrario sul presupposto comunque soggettivo di essere portatore di una visione più civile, moderna, laica, ecc.
Quando le posizioni di partenza sono inconciliabili e si scontrano valori assoluti non negoziabili, la democrazia ci rende tutti un po’ relativisti rimettendoci al volere della maggioranza che è, in questa vita, il miglior compromesso possibile. Più che imposte, le visioni di vita andrebbero quindi proposte e, se ritenute convincenti, potremmo anche un giorno diventare in maggioranza vegani con le conseguenze normative del caso.