Paradisi fiscali, consulenti senza autorizzazione e il solito flusso di denaro da sottrarre al Fisco e confluito su conti correnti anonimi. La Procura di Torino, che indaga sulla cosiddetta Lista Falciani 2, ha ordinato la perquisizione della casa di un promotore finanziario della filiale di Lugano (Svizzera) della banca Hsbc.
Cuore dell’inchiesta, coordinata dai pm Alberto Perduca, Marco Gianoglio e Vito Destito, l’attività del consulente che con l’aiuto di una dozzina di complici avrebbe operato in una trentina di città. I consulenti senza autorizzazione, per l’accusa, hanno svolto un’attività di raccolta del risparmio (si parla di circa 200 incontri) e promosso investimenti per conto e nell’interesse della banca, allo scopo di garantire ai clienti percorsi difficilmente tracciabili dove poter far confluire somme di denaro provenienti da frodi fiscali.
Le somme raccolte venivano poi trasferite e reintestate a favore di società offshore con sedi in paradisi a Panama, Lussemburgo, Liechtenstein e Isole Vergini.
I dati acquisiti, tramite rogatoria internazionale. sono stati ricavati dall’esame delle decine di migliaia di ‘visiting reports’ che costituiscono parte integrante della Lista: si tratta di strumenti di comunicazione interna alla banca, redatti nella forma di rapporti sintetici, in ottemperanza alle raccomandazioni del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, allo scopo di lasciare una traccia delle conversazioni tra i clienti e gli istituti bancari, nei quali erano riportati, tra l’altro, un codice di sei cifre utilizzato per riconoscere il conto bancario, il nominativo del Relation Manager, dipendente della Banca, a cui era affidata la gestione del conto, nonché il rapporto con il cliente, la data dell’incontro, la tipologia di contatto e, in ultimo, l’oggetto del colloquio.
Proprio da queste informazioni è stato possibile ricostruire il modus operandi dei promotori: dopo aver raccolto dai clienti italiani le somme verosimilmente frutto di evasione fiscale, le depositavano su conti correnti anonimi presso la filiale di Lugano. Successivamente le somme venivano trasferite e reintestate a favore di società offshore.
Attraverso la costituzione di una società “scudo”, di proprietà del titolare del conto e nell’ambito della quale dovevano essere trasferiti i capitali detenuti all’estero, i guadagni degli investimenti finanziari sarebbero risultati di competenza della stessa e, quindi, esclusi dall’ambito di applicazione della normativa inerente al pagamento della ritenuta europea