Respinto il ricorso nel processo sull'omicidio di Enna. I legali chiedevano un processo bis per la mancata perizia per l'incapacità di intendere e di volere e la concessione dell'attenuante della provocazione. I genitori della ragazza, morta a 20 anni: "Non potrà tornare in vita, ma oggi giustizia è fatta"
Uccise la convivente ventenne, prima strangolandola con il cavo del lettore dvd e poi con uno straccio intriso di candeggina. Poi avvolse il cadavere in un lenzuolo e lo gettò da un cavalcavia della statale Enna-Caltanissetta. Ora la Corte di Cassazione ha condannato definitivamente a 30 anni di carcere Francesco Lo Presti, oggi 38enne. Fu lui a confessare, pochi giorni dopo il delitto avvenuto il 24 aprile 2012, e a portare la polizia nel luogo in cui si trovava il corpo senza vita della compagna di 14 anni più giovane, Vanessa Scialfa, in un fosso ai margini della miniera di Pasquasia, in provincia di Enna. La Suprema Corte ha respinto il ricorso dagli avvocati di Lo Presti contro il giudizio d’appello: secondo i legali, i giudici di secondo grado non avevano concesso la perizia collegiale che avrebbe provato l’incapacità di intendere e volere dell’assassino, negando quindi anche la concessione dell’attenuante della provocazione e della confessione.
Alla base del racconto di Lo Presti, fin dal giorno della confessione, c’era infatti la sua convinzione che Vanessa avesse pronunciato – al culmine di una lite – il nome di un suo ex fidanzato. Ma non solo questo elemento non ha trovato riscontri oggettivi, secondo la Cassazione, ma l’intero racconto non è stato ritenuto solido neanche in altre parti. Non è stato provato, per esempio, che Lo Presti abbia agito – come ha detto – dopo aver assunto cocaina. Per giunta Lo Presti non confessò subito il delitto. Nelle prime ore finse di preoccuparsi della scomparsa della giovane. E la polizia lo portò a parlare solo con uno stratagemma. “Abbiamo trovato Valentina, è viva…”, gli dissero. Lui, disperato, scoppiò a piangere: “Non è possibile, ho fatto una fesseria, non può tornare più…”.
“Siamo soddisfatti dell’esito del processo – ha detto il legale dei genitori di Vanessa, Eleanna Parasiliti Molica, dopo la sentenza definitiva – Non è stato un processo facile in tutti i tre gradi di giudizio ma siamo contenti perché sono state accolte tutte le istanze della parte civile. Commossi i genitori di Vanessa, Giovanni e Isabella che hanno assistito all’udienza di Cassazione. “Nostra figlia purtroppo non potrà più ritornare in vita – hanno detto – ma oggi siamo sereni perché giustizia è fatta. Per tutto questo tempo abbiamo temuto che Vanessa potesse venire uccisa ancora una volta con una sentenza ingiusta. Così non è stato e l’omicida di nostra figlia si farà il carcere, come stabilisce la legge”.