E' questa l'opinione degli esperti di terrorismo italiani dopo le riunioni di emergenza: "C'è un filo che lega gli attacchi degli ultimi mesi. Tutto fa immaginare che vi sia stata una programmazione durata diversi mesi. L'errore dei colleghi è stato far sapere che l'ottavo terrorista del commando di Parigi aveva iniziato a parlare"
Solo l’ultimo episodio di una scia di attentati programmati da tempo. E’ questa l’opinione che circola in queste ore tra gli investigatori italiani esperti di terrorismo, contattati da ilfattoquotidiano.it dopo le lunghe riunioni di emergenza iniziate poco dopo il duplice attentato di Bruxelles. E l’analisi concorda su un punto: “C’è un filo che lega i vari attacchi degli ultimi sei mesi – spiegano alcune fonti di alto livello – tutto fa immaginare che vi sia stata una programmazione durata diversi mesi, partita probabilmente un anno fa”. Una strategia del terrore che ha poi subito una accelerazione dopo l’arresto di Salah Abdelsalam, “e soprattutto dopo l’annuncio dell’inizio della sua collaborazione: una vera follia – spiegano gli investigatori italiani – la diffusione di questa notizia, che ha fatto probabilmente anticipare i tempi dell’azione già programmata, non dando la possibilità ai belgi di fermare la cellula in tempo”. Il vero errore mortale commesso dagli investigatori di Bruxelles.
Da un punto di vista investigativo poco cambia dopo gli attentati all’aeroporto e alla metro di Bruxelles. Aver puntato a un “soft target” – ovvero un obiettivo normalmente non protetto – porta eventualmente a riconsiderare i piani per la sicurezza dei punti sensibili, ma non ha una diretta influenza con le indagini attualmente in corso. Allo stato non risultano contatti operativi tra le cellule presenti in Belgio e in Francia con i gruppi radicati in Italia. La divisione è ferrea, le azioni sono preparate e portate a termine da nuclei rigidamente divisi e isolati, molto difficili da individuare. Anche gli strumenti classici delle indagini tecniche non sempre riescono a ottenere dei risultati apprezzabili: prima dell’azione – spiegano alcuni analisti – i componenti diventano invisibili, senza contatti in rete, evitando di lasciare ogni possibile traccia, scomparendo letteralmente dai radar. “Molto probabilmente non c’è neanche un ordine immediatamente precedente – spiega a ilfattoquotidiano.it un investigatore esperto in antiterrorismo – esiste a monte un piano complessivo, elaborato molti mesi prima, preceduto da una attenta fase di preparazione e pianificazione delle azioni, con l’individuazione e la selezione dei kamikaze da utilizzare”. Vengono scelti i migliori obiettivi, per poi far scattare l’azione al momento opportuno, distribuendo le azioni nel tempo, creando, così, il crescendo di terrore. Dal Bataclan al duplice attentato che ha colpito Bruxelles, puntando ad amplificare al massimo gli effetti.
Al momento non è emersa nessuna informazione su segnali preoccupanti tra i jihadisti residenti in Italia. Lo stesso ministro Angelino Angelino Alfano nel corso della conferenza stampa ha spiegato che gli esperti non hanno rilevato una particolare attenzione sul nostro Paese. Ma la stessa compartimentazione delle cellule non è la miglior garanzia di pericolo scampato. La prossima azione è molto probabilmente già programmata e interpretare anche il minimo segnale è l’impresa forse più difficile. Con un handicap che gli investigatori e l’intelligence evidenziano: la collaborazione a livello europeo non sempre funziona. Meccanismi che si inceppano, informazioni che non circolano, ostacoli burocratici e politici. La vera vulnerabilità europea forse è proprio qui.