Il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda (Sel), è stato assolto dall’accusa di abuso d’ufficio perché “il fatto non sussiste”. Il pm Giangiacomo Pilia aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi. Zedda era imputato come presidente della fondazione Teatro Lirico della città per la nomina della sovrintendente, Marcella Crivellenti, avvenuta nel 2012. La sentenza è arrivata dopo due ore di camera di consiglio. In aula lo stesso Zedda ha assistito alla lettura del dispositivo insieme ai suoi legali, Giuseppe Macciotta e Fabio Pili.
Il processo era iniziato nel 2014: al sindaco era stato contestato che la nomina della Crivellenti fosse arrivata senza tener conto della manifestazione d’interesse aperta e degli altri candidati, in tutto 44. Sulla vicenda era intervenuto anche il Tar con l’annullamento – ora definitivo – della nomina del sovrintendente, contestato duramente anche dai sindacati. La sentenza arriva a due mesi dalle elezioni comunali in cui Zedda è il candidato di tutto il centrosinistra (Pd compreso). Un’investitura arrivata senza primarie, come accade di solito per i sindaci uscenti. Nel caso di condanna la sua corsa sarebbe stata bloccata per via della legge Severino.
Le accuse del pm per dimostrare l’illegittimità dell’atto si innestavano su tre punti principali: l’imparzialità della procedura, che secondo i magistrati è stata violata secondo i principi dettati dalla Costituzione; la motivazione amministrativa, Crivellenti (pugliese, 40 anni nel 2012) secondo la Procura non aveva i titoli né l’esperienza per ricoprire quel ruolo: è stata definita “responsabile di biglietteria“. In particolare così il pm Pilia ha inquadrato la vicenda: “È stato un pasticcio legato alle pressioni del presidente della Fondazione Massimo Zedda. Una nomina politica, non legata a criteri tecnici professionali”. Anzi, secondo Pilia, “l’esperienza della Crivellenti non era quella prevista dalla legge per un ente lirico, ma nemmeno quella che serve per la gestione di una biglietteria di un cinema multisala. La finalità pubblica del contenimento dei costi è stata un pretesto per perseguire un atto illecito”.
Un filo contorto che secondo il pm ha portato a una nomina per “interesse privatistico”, dovuta ad alcune segnalazioni e su pressione dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Tesi ora smontata dalla sentenza. Durante il procedimento aveva testimoniato per la difesa anche Salvo Nastasi, altro ex sottosegretario e ora commissario straordinario per Bagnoli, che aveva raccontato di casi simili a livello nazionale: anche in altri teatri non sarebbe stata rispettata la manifestazione d’interesse. Ma su questa versione il pm ha chiesto che sia vagliata l’attendibilità. E nel processo è finito perfino il periodo di maternità del sovrintendente: “La Crivellenti – ha rimarcato – è subito andata in maternità. Fu una meteora e non ha inciso né sulla gestione né nell’aspetto artistico del teatro. Un anno orribile con gravi ripercussioni”.
Nell’ultima udienza, citato dalla difesa, ha citato anche il parlamentare di Sinistra Italiana Claudio Fava. “Non ho più parlato a Massimo di Marcella dopo che si erano conosciuti in un incontro a Cagliari – ha dichiarato il parlamentare – e ho appreso, stupito, che stesse lavorando al Lirico dai giornali”. I legali del sindaco hanno puntano tutto sull’infondatezza delle contestazioni, evidenziata dall’istruttoria: “Per quale motivo – ha detto l’avvocato Fabio Pili – la Crivellenti avrebbe dovuto cercare sponde ora in Claudio Fava, ora in Gianni Letta, ora in Salvo Nastasi? Il dibattimento ha dimostrato la correttezza e la genuinità dei rapporti tra Massimo Zedda e Marcella Crivellenti”. E hanno poi difeso a spada tratta soprattutto i risultati economici ottenuti dal sovrintendente.
Resta ancora in piedi, per ora, l’inchiesta bis, che riguarda altri presunti episodi di abuso d’ufficio legati sempre al teatro lirico. Anche qui Zedda è indagato, insieme a un ex consigliere del cda. A fine anno il fascicolo, in mano allo stesso pm Pilia, è stato al centro di un’insolita azione. Il procuratore capo Mauro Mura, prima di andare in pensione, lo aveva tolto al titolare. Ma alla fine il procuratore facente funzione glielo ha restituito.