Le ong lasciano gli hotspot di Lesbo e Idomeni dopo l’accordo tra l’Unione Europea e la TurchiaMedici Senza Frontiere ha deciso di sospendere le proprie attività ai centri di Moria, sull’isola di Lesbo, per opporsi ad un’intesa che “porterà al ritorno forzato di migranti e richiedenti asilo dall’isola greca”. “Abbiamo preso la difficile decisione di chiudere le nostre attività a Moria perché continuare a lavorare nel centro ci renderebbe complici di un sistema che consideriamo sia iniquo che disumano“, ha detto Michele Telaro, a capo del progetto di Lesbo. “Non permetteremo – ha aggiunto – che la nostra azione di assistenza sia strumentalizzata a vantaggio di un’operazione di espulsione di massa e ci rifiutiamo di essere parte di un sistema che non ha alcun riguardo per i bisogni umanitari e di protezione di richiedenti asilo e migranti”.

Ieri sera l’organizzazione umanitaria ha chiuso tutte le attività legate all’hotspot greco, compreso il trasporto dei rifugiati al centro, la clinica al suo interno e le attività legate alla fornitura di acqua e ai servizi igienici. A Lesbo i volontari continueranno a seguire le attività al di fuori del centro, a offrire prima assistenza ai nuovi arrivati, così come il soccorso in mare sulle coste settentrionali dell’isola e le cliniche mobili.

La decisione era arrivata dopo l’annuncio dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) della sospensione di alcune attività legate ai centri migranti, giudicati ormai dei luoghi di detenzione dopo l’accordo tra Ankara e Bruxelles. Melissa Fleming, responsabile dell’Unhcr, ha fatto sapere che sarà mantenuta una presenza per vigilare sul rispetto dei diritti dei rifugiati e umani e per fornire informazioni sui diritti e sulle procedure per chiedere asilo.

Anche Save the Children sta valutando se interrompere le attività legate agli hotspot greci e ha espresso apprezzamento per “la posizione appena assunta da Unhcr”. Per Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, la Grecia non è pronta né attrezzata per assicurare una corretta gestione del flusso dei migranti, sia in termini di sicurezza che di accoglienza. Neri ha anche sottolineato la preoccupazione dell’organizzazione per “le migliaia di persone bloccate da mesi alla frontiera con la ex Repubblica Yugoslava di Macedonia, ad Idomeni, in condizioni ambientali, sanitarie e di protezione inaccettabili”. “Temiamo che le proteste in corso nel campo possano aggravarsi ulteriormente per la convinzione di queste persone di non avere più niente da perdere” ha aggiunto Neri “coinvolgendo i più di 4000 bambini, anche piccolissimi presenti nel campo”. In attesa di prendere una decisione definitiva, l’organizzazione ha sospeso “il trasporto dei migranti da alcune aree di sbarco agli hotspot e la distribuzione del cibo e altri beni di prima necessità nel campo di Moria”.

Dal canto suo, l’Unicef ha sottolineato che l’accordo tra Bruxelles ed Ankara non affronta i bisogni umanitari dei bambini rifugiati, pari a circa 19mila in Grecia. Nel 10% dei casi si tratta di bambini non accompagnati, ovvero giunti senza famigliari, ha detto la portavoce Sarah Crowe. Stando agli ultimi dati dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) il numero di arrivi via mare di migranti e rifugiati in Europa è salito a 160.547 dall’inizio del 2016, di cui 147.437 in Grecia, mentre il numero di morti è di 488.

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