Come se non bastassero i giorni balordi che già viviamo, con la paura che è tornata a farla da padrona per le strade d’Europa, ecco che tornano puntuali anche le strumentalizzazioni da parte di chi utilizza il terrorismo per rafforzare le proprie tesi “culturali”. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono quelli di Libero, già distintisi in passato per una certa irresponsabile disinvoltura nel trattare il delicato tema dei rapporti tra Occidente e mondo islamico. Stavolta quei geniacci vanno addirittura a scomodare Adele, sperando di far passare le loro idee come accettabili, senza però rendersi conto di aver messo a segno l’ennesimo autogol.
Succede che la sanguigna cantante inglese, durante il suo ultimo concerto, si scagli giustamente contro i terroristi: “Siamo qui per lo stesso motivo: voi perché volete sentirmi cantare e io per cantare per voi. Siamo tutti uniti. Siamo migliori di quei bastardi. Andate al Diavolo”. Un vaffa più che meritato e condivisibile. Peccato, però, che a Libero si concentrino solo su una parolina, quel “bastardi” che già loro avevano utilizzato qualche tempo fa. E allora che si fa? Si schiaffa la facciotta di Adele in prima pagina e si titola così: “Adele sta con Libero: ‘Bastardi’“.
Tutto corretto, no? No, appunto. Perché Adele non ha urlato “Bastardi islamici”, così come Libero aveva fatto a tutta pagina qualche tempo fa. Quel “Bastardi” è riferito ai terroristi, e fin qui siamo tutti d’accordo, nessuno escluso. Titolare “Bastardi islamici”, invece, allarga di molto la questione, visto che si decide di prendersela con tutti gli islamici, mica solo con i terroristi. E tanto per ribadire il concetto, ieri il titolo era “Se questi non sono bastardi”. E poi, onestamente, neppure il condivisibile “bastardi” sembra questo capolavoro di analisi, a dirla tutta. Ma ci sta, specialmente a caldo, dopo tanta paura, e soprattutto rende l’idea del tipo di reazione decisa e sfrontata che serve in casi come questo.
Quello di cui faremmo volentieri a meno, invece, è la solita strumentalizzazione mediatica. Eravamo abituati ad assistere alla strumentalizzazione di politici, leader religiosi, uomini di cultura. Ora, con Adele tirata per la giacchetta a sostegno di una tesi strampalata di Libero, le abbiamo davvero viste tutte. Dire che la musica è un linguaggio universale suona come una banalità mostruosa, ne siamo consapevoli, ma è vero, oltre che banale. E allora lasciamo stare Adele, che peraltro è ragazza della periferia londinese, quindi capace di reazioni fumantine. E dovremmo lasciare stare anche Libero, puntualmente alla ricerca del titolo con la bava alla bocca pur di parlare non alla pancia, ma all’intestino crasso del paese. Ma è importante sottolineare quanto Adele sia distante anni luce da Libero e dalla sua impostazione ideologica, perché in giorni confusi e balordi come questi, rischia di essere legittimato qualsiasi tipo di messaggio, poco importa se vero o fasullo. E non possiamo permettercelo, non adesso.