Le nere, nerissime nuvole degli attentati di Bruxelles ricoprivano, martedì mattina, anche i cieli tropicali di Cuba. Ed è sotto questa tetra cappa d’orrore che Barack Obama ha infine tenuto il suo atteso discorso – trasmesso ‘en vivo y en directo’ anche dalla tv cubana – nel Gran Teatro dell’Avana. Un discorso (clicca qui per il video completo e qui per il testo in spagnolo) che, a dispetto delle circostanze (o, per paradossale contrasto, grazie proprio alle circostanze) è apparso in realtà straordinariamente luminoso. E che è forse davvero stato – ma qui è possibile che la mia personale passione per le cose cubane influisca sul giudizio – il più bello da lui tenuto nei suoi otto anni di presidenza, uno scorrere di parole e di pensieri capace di riesumare a tratti le speranze suscitate, in tempi che sembrano lontanissimi, dall’Obama candidato del 2008, lo spirito del ‘yes you can’ ed il fulgore di quel  ‘transfomational president’ – il presidente capace di cambiare, in direzione d’un mondo più giusto, il corso della Storia – che nella realtà non ha mai potuto o voluto essere. E chissà che non sia stato proprio questo – il fatto che Obama sia riuscito a ritrovare nel buio della Cuba castrista il se stesso da tempo perduto negli Usa – l’elemento più significativo di questo suo ‘storico’ viaggio a Cuba.

Obama Castro

Obama è, con sensibilità e grande sapienza retorica, partito dalla ‘rosa blanca’. Ovvero: dal fiore che ‘en junio como en enero’, l’eroe nazionale cubano José Martí coltiva e porge, nella sua più famosa poesia, tanto ‘all’amico sincero’, quanto al nemico che gli ‘strappa il cuore con cui vive’. Ed è con questo iniziale gesto d’amore e di pace – ‘el saludo de paz’, ha detto Obama in un più che accettabile spagnolo – che il presidente Usa ha ricordato quale fosse la prima ragione della sua visita. “Sono venuto – ha detto – per seppellire quel che resta della guerra fredda”, le rimanenze d’una politica, quella dello scontro e dell’embargo, per troppi anni sopravvissuta al proprio ultra-quarantennale fallimento. O, più esattamente, sono venuto per ‘abbattere le barriere della Storia e della ideologia, le barriere del dolore e della separazione’. Più ancora: per aprire una nuova strada di collaborazione che non ignora ‘le molte cose che ci separano’ ma che fa anche tesoro delle molte che, per storia per cultura, uniscono i due paesi.

Su un punto Obama è stato – nella parte più importante del suo discorso – assolutamente chiaro: ‘Il governo degli Stati Uniti – ha detto – non ha né la capacità né l’intenzione di imporre qualsivoglia cambiamento in Cuba’. Ogni cambiamento non può che dipendere dal popolo cubano per il semplice fatto che ‘ogni popolo ha il diritto di scegliere il proprio cammino ed il modello economico e politico nel quale vivere’. Ma partendo da questa premessa, ha aggiunto, non posso non dirvi quel che io credo debba essere alla base di questo e d’ogni processo politico. “Io credo – ha precisato Obama – che ogni persona debba essere uguale davanti alla legge. Credo che ogni bambino abbia diritto ad una buona educazione, alla salute, ad una buona alimentazione e ad un tetto. Credo anche che ogni cittadino abbia il diritto di esprimere le sue idee senza paura, di organizzarsi e di protestare pacificamente senza per questo finire in carcere…E credo anche che i cittadini abbiano il diritto di scegliere i propri governanti in elezioni libere e democratiche’. Credo a tutto questo, ha detto Obama, perché credo che questi non siano valori degli Stati Uniti d’America, ma valori universali. E valori ‘indivisibili’.

Sono sempre stati, gli USA, fedeli a questi valori? Certamente no, si è risposto Obama. Ed ha elencato – dal persistente razzismo, alle crescenti diseguaglianze sociali, alla pena di morte – alcuni dei punti nei quali, lungo la storia antica e recente, gli Usa hanno ‘tradito se stessi’ (e la lista, ha sottolineato, potrebbe essere molto più lunga). Ma è stato proprio grazie alla libertà di parola e di protesta, ha aggiunto, che gli Usa hanno potuto avanzare e superare alcuni dei punti più stridenti del proprio essere. ‘Quando mio padre e mia madre si sposarono, ha ricordato Obama, il matrimonio misto era considerato un reato in molti Stati dell’Unione. Oggi il figlio di quel matrimonio ‘proibito’ è diventato presidente della nazione… Per questo, ha detto in sostanza Obama, io do il benvenuto a tutte le critiche, anche le più severe, al nostro modello ed al nostro modo di vivere. E per questo credo che anche il governo cubano – ha continuato alzando lo sguardo verso il palco d’onore nel quale sedevano Raúl Castro ed il resto della nomenklatura castrista – dovrebbe imparare a ‘non aver paura delle opinioni di quanti dissentono’…

Ovvia domanda: come fiorirà ora la ‘rosa blanca’ che Obama ha coltivato nel suo discorso? Saranno i cubani, nel futuro che questa tardiva fine della guerra fredda sembra dischiudere, finalmente liberi di esprimere le proprie idee senza paura di fronte ad un governo che, come Obama ha auspicato, ha a sua volta smesso d’aver paura d’ogni dissenso? O lascerà questo ‘storico’ e luminoso discorso il tempo che trova? Domenica scorsa, nel corso d’una breve conferenza stampa congiunta, lo stesso Raúl aveva risposto alquanto stizzito ad un giornalista che, accennando alla questione dei ‘prigionieri politici’, gli aveva posto, in sostanza, proprio le domande di cui sopra. Ed in linea con quella che è da sempre la posizione cubana sull’argomento – Raúl aveva piuttosto sciattamente riproposto una visione dei diritti umani molto simile ad una burocratica lista della spesa. Noi garantiamo salute ed educazione a tutti, aveva detto. Il resto mancia. Ancor prima, l’8 marzo scorso, un chilometrico editoriale del Granma s’era, in previsione della visita d’Obama, molto pedantemente premurato di precisare come la nuova apertura politico-economica, non comporti, dal lato cubano, alcuna concessione laddove si tratti dei ‘principi della rivoluzione’. Ed è noto come, tra i propri ‘principi’, la rivoluzione annoveri anche la pressoché assoluta negazione d’ogni forma di libera espressione…

Come tutte le rose, molti temono, anche la ‘rosa blanca’ di Obama, bellissima ed effimera, potrebbe appassire dopo un solo giorno di vita…

 

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