Descritto sulla rivista Science, segna un passo decisivo verso la realizzazione della vita artificiale, dopo oltre 20 anni di esperimenti. E’ stato ottenuto negli Stati Uniti dal gruppo di Craig Venter, il pioniere che dal 1995 insegue il sogno della vita costruita in laboratorio
Si chiama Syn 3.0, ha appena 473 geni e ognuno di essi svolge una funzione indispensabile alla vita. E’ il primo batterio sintetico costruito in laboratorio dotato di un Dna ‘minimo’ in grado di farlo sopravvivere. Contiene quindi solo le istruzioni essenziali per la vita. Descritto sulla rivista Science, segna un passo decisivo verso la realizzazione della vita artificiale, dopo oltre 20 anni di esperimenti. E’ stato ottenuto negli Stati Uniti dal gruppo di Craig Venter, il pioniere che dal 1995 insegue il sogno della vita costruita in laboratorio. L’istituto in cui è stato ottenuto il batterio Syn 3.0 equipaggiato con il ‘kit’ minimo per sopravvivere è lo stesso fondato e diretto da Craig Venter e del ricercatore porta anche il nome: il “Craig Venter Institute“.
Per i ricercatori che hanno lavorato all’esperimento, sotto la direzione Clyde Hutchinson, il genoma non è che un software nel quale sono scritte tutte le funzioni indispensabili per la vita. Questo strumento senza precedenti è il punto di arrivo di oltre 20 anni di ricerche ed è nello stesso tempo il punto di partenza per studiare le funzioni della vita con un dettaglio mai raggiunto finora. Il risultato apre anche la strada alle prime applicazioni della vita artificiale: su questo kit di base comune a tutti i viventi sarà possibile in futuro innestare specifiche funzioni per ottenere batteri con specializzazioni particolari, come produrre biocarburanti o bonificare terreni e acque contaminate.
Dna riprodotti in laboratorio – I predecessori di Syn 3.0, Syn 1.0 e Syn 2.0, hanno avuto un ruolo di primo piano anche altre ricerche, come quelle condotte a partire dal 1956. E’ in quell’anno che Arthur Kornberg ha ottenuto in laboratorio la prima sintesi di Dna, un risultato premiato con il Nobel nel 1959. Da allora gli strumenti a disposizione dei genetisti sono diventati sempre più sofisticati. Nel 2007 il gruppo di Venter ha riprodotto fedelmente in laboratorio il Dna di un batterio chiamato Mycoplasma mycoides, ottenendo la prima forma di vita semi-artificiale: Syn 1.0. Due anni più tardi, nell’agosto 2009, il Dna sintetico è stato trasferito in quello di un batterio simile, chiamato Mycoplasma capricolum, ottenendo Syn 2.0, la prima cellula naturale controllata da un programma genetico costruito in laboratorio.
La corsa alla vita artificiale ha incrociato anche la strada delle ricerche sull’origine della vita: nel 2012, nel tentativo di ricostruire le prime cellule comparse sulla Terra, il britannico Medical Research Council (Mrc) ha ottenuto il primo Dna completamente sintetico, chiamato Xna.
Nel marzo 2014, nei laboratori delle università americane di New York e Johns Hopkins è stato costruito il primo cromosoma sintetico di un organismo complesso, sostituendo il terzo dei 16 cromosomi del lievito del pane: il risultato ha aperto la strada alla realizzazione di qualsiasi tipo di cellula artificiale che possieda specifici geni. Nello stesso anno l’istituto californiano Scripps ha ottenuto il primo organismo vivente con un Dna ‘potenziato’: accanto alle tradizionali lettere che costituiscono l’alfabeto della vita (A, C, G e T) ne sono state aggiunte due in più, chiamate X e Y. E’ stato così ottenuto il primo organismo semi-sintetico.