I giorni dopo gli attentati di Bruxelles alla stazione Termini di Roma si respira un’atmosfera relativamente tranquilla. “Dopo Parigi era deserta, oggi il flusso è regolare, d’altro canto la gente deve andare a lavorare” dicono degli uomini in divisa. “Certo che è un punto sensibile di Roma, in pochi metri quadrati passano centinaia di persone, non ci sono metal detector, come fai a controllare tutto o tutti? Chiunque, lei per esempio, va in metropolitana e si fa saltare in aria in un vagone della metro, come possiamo fermarla?” aggiungono. Le forze dell’ordine non hanno nuove disposizioni rispetto a quelle stabilite ad ottobre scorso. Gli ingressi sono presidiati dalle camionette dell’esercito, dalle auto della polizia e dai carabinieri. Gli addetti alla sicurezza delle Ferrovie dello Stato fanno un maggiore controllo visivo dei passeggeri che superano il gate per recarsi verso i binari. “Mille poliziotti, mille militari, come possono fermare un kamikaze? E’ una guerra impari con chi è disposto a sacrificare la propria vita. L’unica cosa da fare è il segno della croce, affidarsi al signore e sperare che non tocchi a noi” spiegano. Si convive con la pura, condivisa anche da un’autista Atac nel grande capolinea antistante la stazione. “Io ho il terrore quando guido il tram, prima avevo degli attacchi di panico, adesso ci convivo. Dicono che a Roma non può succedere perché c’è il Papa. Ma a me quello preoccupa” racconta ai nostri microfoni. Anche l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Renato Mazzoncini, ha detto in Commissione Trasporti quella che sembra un’amara verità: “Possiamo tranquillizzare i nostri cittadini che ci non sarà un attentato terroristico? La risposta è no. Racconterei un’assurdità. E’ impossibile controllare tutte le persone che salgono su una metro, su un bus o su un treno ”. “Cosa potremmo fare dinanzi ad un uomo imbottito di esplosivo? Ci pensiamo ogni secondo che siamo qui a presidiare, se arriva è troppo tardi, l’unica arma è la prevenzione, individuare le cellule terroristiche” dicono altri uomini in divisa
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