Siete contrari alle unioni civili? Bene, toglietevi la fascia tricolore e diventate obiettori di coscienza. Una sorta di boicottaggio, di resistenza passiva. È questa l’ultima carta tirata fuori dagli ultracattolici contro il disegno di legge Cirinnà, che dopo il via libera in Senato, ora è in discussione alla Camera. In vista del secondo passaggio parlamentare, l’associazione Provita onlus ha spedito una lettera a tutti i primi cittadini, chiedendo loro di aderire all’appello a favore dell’introduzione dell’obiezione di coscienza, per quei “sindaci o funzionari che sarebbero costretti a contraddire i propri valori se fossero obbligati a celebrare le unioni omosessuali”. È la prima firmataria del disegno di legge, Monica Cirinnà, a rendere pubblico il testo, con un’immagine sul proprio profilo Facebook. “Vorrei ricordare che il sindaco giura sulla Costituzione e l’inosservanza della legge può essere motivo di commissariamento” commenta la senatrice Pd, provando a spegnere gli entusiasmi degli attivisti.
La lettera che in questi giorni sta arrivando nelle caselle di posta dei comuni, da nord a sud, porta la firma di Toni Brandi, presidente di ProVita onlus, un’associazione che, si legge sul sito, “vuole promuovere i valori della vita, dal concepimento fino alla morte naturale, e della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna”. Il gruppo è famoso per le posizioni iperconservatrici, per le battaglia contro l’aborto e contro la cosiddetta teoria del gender, al centro anche di uno spot bersagliato da parecchie critiche e polemiche.
“Abbiamo seguito da vicino le vicende legate al disegno di legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso – si legge nella lettera – un disegno di legge che riguarda direttamente sindaci e funzionari pubblici in quanto se venisse definitivamente approvato questi sarebbero obbligati a registrare, trascrivere, insomma celebrare, quello che è sostanzialmente un matrimonio omosessuale. Moltissimi sindaci in tutta Italia, in ragione dei loro più profondi convincimenti morali e religiosi e in base agli articoli 2, 19, 21 e 29 della Costituzione si rifiuterebbero in coscienza, se potessero, di celebrare un simile matrimonio omosessuale”.
Per questo “la nostra associazione porterà alla Camera la richiesta, appoggiata da tanti primi cittadini da ogni regione d’Italia, di prevedere la possibilità di obiezione di coscienza contro la celebrazione, registrazione o trascrizione delle unioni civili omosessuali”. Una nuova categoria, insomma, quella dei sindaci obiettori, non più rappresentanti di un’intera comunità ma solo di una parte. Per aderire alla campagna basta rispondere alla mail. “Naturalmente – viene specificato al sindaco destinatario della lettera– il suo nome non sarà reso pubblico senza il suo previo ed esplicito consenso”.
E se per il momento nessun primo cittadino vicino alle posizioni dei provita è uscito allo scoperto, rispondendo pubblicamente all’appello, lo hanno fatto alcuni sindaci favorevoli alle unioni civili. “Ho ricevuto la mail – scrive Giovanni Porcu, sindaco di Irgoli, in provincia di Nuoro – È’ finita nell’unico posto dove meritava di finire. Il cestino dell’immondizia, regolarmente differenziata previa adeguata triturazione con distruggi documenti, perché non resti traccia della stupidità umana prevaricatrice dei diritti di libertà e giustizia degli uomini e delle donne”. Mentre Gabriele Prandini, primo cittadino del comune di Braone, nella Val Camonica, in provincia di Brescia, avverte: “Vi diffido sin da ora ad agire a nome mio o per conto dei sindaci italiani in questa e in ogni altra vostra azione. I sindaci non sono dalla vostra parte, eventualmente solo una piccola minoranza”.