“La Germania sta per essere distrutta dall’ingenuità della Merkel, se non peggio”. Donald Trump torna a puntare il dito contro la cancelliera tedesca per le posizioni e le decisioni da lei prese sulla crisi dei rifugiati siriani. In un’intervista al New York Times – in cui propone la sua ricetta in politica estera, cioè che il resto del mondo paghi in termini di maggiore impegno militare o in soldi per quello che finora si dà per scontato venga dagli Stati Uniti – afferma che la Germania, insieme alle nazioni del Golfo, dovrà pagare per istituire e difendere della “zone di sicurezza” che lui intende istituire in Siria per i profughi.
“L’America viene prima di tutto e tutti gli altri paghino”. Così il quotidiano newyorkese sintetizza la “visione del mondo di Trump” nel titolo di un’intervista in cui il candidato repubblicano illustra una nuova forma di politica estera, una fusione tra tattiche imprenditoriale e strategie con cui pensa di restaurare la potenza, che lui considera compromessa, degli Stati Uniti. “Non sono un isolazionista, ma sono ‘America First’ – argomenta il tycoon – da anni ci mancano di rispetto, ci prendono in giro, si approfittano di noi. Così America first vuol dire che non verremo più derubati. Noi saremo amici con tutti, ma nessuno se ne potrà più approfittare”. Tradotto: alla luce dell’interesse non solo nazionale ma anche economico, bisognerà riconsiderare tutte le tradizionali alleanze degli Stati Uniti, da quelle con i paesi moderati del mondo arabo, al Giappone ed alla Corea del Sud, passando dalla Nato che viene considerata “obsoleta“.
Tutti dovranno fare la propria parte, quindi, anche nella lotta all’Isis. Così se verrà eletto presidente, ha spiegato Trump, gli Usa potrebbero interrompere l’acquisto del petrolio saudita se l’Arabia Saudita e altri alleati arabi non dispiegheranno truppe di terra nella lotta allo Stato Islamico o “rimborseranno in modo sostanziale” gli Stati Uniti per l’impegno militare contro l’organizzazione terroristica che minaccia la loro stabilità. “Se l’Arabia Saudita non avesse il manto della protezione americana, non crede che sarebbe ancora in piedi”, ha affermato il miliardario illustrando il nocciolo di una politica estera, incentrata sui negoziati economici, con cui intende ridare un ruolo centrale agli Stati Uniti.