Tra un caucus e l’altro, nella lunga corsa verso le convention che quest’estate nomineranno i due sfidanti alla presidenza degli Stati Uniti, si gioca anche il “celebrities endorsement game”, ovvero le pubbliche dichiarazioni di supporto delle celebrità, o presunte tali, nei confronti dei vari candidati. Se Hollywood è tendenzialmente liberal e si divide tra il supporto a Hillary Clinton e Bernie Sanders, lo sport a stelle e strisce lascia invece più “libertà di coscienza” ai suoi esponenti. Molti padroni di franchigie dei quattro grandi campionati (Nfl, Nhl, Mlb e Nba) e anche molti sportivi di primo piano finanziano direttamente la campagna del loro candidato di riferimento. In buona sostanza, si può dire che il football americano (Nfl) è conservatore e ha sostenuto Jeb Bush, così come il baseball (Mlb) che si è diviso tra i repubblicani Bush e Marco Rubio, mentre il basket (Nba) è pro Clinton e l’hockey (Nhl) sta un po’ con tutti. Poi ci sono gli altri. Quelli che appoggiano Donald Trump.

Il primo è Tom Brady, quarterback dei New England Patriots di Boston, un’istituzione del football americano capace di giocare sei Superbowl, vincerne quattro ed essere eletto migliore in campo in tre. Una serie impressionante di record sportivi cui si aggiungono comparsate televisive, campagne pubblicitarie e matrimoni con top model. Dapprima a settembre si è fatto fotografare con il cappellino con lo slogan pro Trump “Make America Great Again”, poi a domanda se fosse stato felice nel caso l’imprenditore newyorchese avesse vinto ha risposto: “Sì, lo spero, sarebbe una gran cosa”. A dicembre, invece, intervistato da una radio di Boston ha cercato di ridimensionare, sostenendo “stavo solo appoggiando un mio grande amico, Trump mi ha sostenuto per tutta la carriera e così voglio fare adesso io con lui”. Quanto basta per entrare nella schiera dei sostenitori.

Bianchi e ricchi come Tom Brady, anche il golfista John Daly e il wrestler Hulk Hogan hanno pubblicamente appoggiato Trump. Se il primo ha una lunga storia di dipendenza dall’alcol e di abusi domestici nei confronti di almeno due mogli, il secondo al massimo problemi con gli steroidi e con filmini porno. Abbastanza outsider per potersi permettere di appoggiare Trump pubblicamente – secondo lo scrittore Bret Easton Ellis sono molte le celebrità che confidano in privato a proposito delle prossime elezioni quello che mai direbbero in pubblico – i due lo hanno fatto. E qui veniamo a quelli che non ti aspetti, o forse anche sì. Hanno deciso di appoggiare Trump anche tre atleti neri come Mike Tyson, Dennis Rodman e Latrell Sprewell, nonostante in questi mesi l’ex presentatore del programma The Apprentice abbia prima espresso apprezzamenti per il Ku Klux Klan e per Benito Mussolini, e poi invitato le folle a prendere a calci i manifestanti di Black Lives Matter.

Dennis Rodman, ex giocatore della Nba con un curriculum cestistico – ha diviso lo spogliatoio con un certo Michael Jordan – ed extra cestistico di tutto rispetto, ha puntato tutto sull’amicizia personale: conosce Trump da quando nel 2009 partecipò appunto al suo reality show The Apprentice. Tutto bene, d’altronde Rodman è anche buon amico personale di Kim Jong Un, cui ha fatto visita più volte, quindi il discorso non fa una grinza. Latrell Sprewell, anche lui ex giocatore Nba, famoso per avere terminato la carriera nel 2004 quando i Timberwolves gli offrirono solo un triennale da 21 milioni che “non sarebbe bastato a sfamare i miei figli”, ha evidentemente i suoi buoni motivi. Più oscuri quelli di Mike Tyson, pluricampione della boxe che ha passato 3 anni e 6 mesi in prigione con una condanna per stupro. Al di là del tatuaggio di Mao Tse Tung che mal si accompagna con il fascismo di Trump, anche la dichiarata fede musulmana di Tyson fa a pugni con le innumerevoli dichiarazioni islamofobiche del candidato repubblicano.

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