Conferenza stampa in Senato con i genitori del giovane ricercatore ucciso. Paola Regeni: "Non è facile essere qui, ma è un dolore necessario". Noury (Amnesty) elenca i dati sulle violazioni dei diritti umani nel Paese di al Sisi: "Due attivisti uccisi negli stessi giorni, anche per loro incolpati criminali comuni". Il legale: "Versione egiziana smontata solo da mobilitazione"
“Sono la mamma di Giulio, non è facile essere qui, ma è un dolore necessario”. Esordisce così Paola Regeni, madre del ricercatore italiano ucciso al Cairo, alla conferenza stampa indetta al Senato da Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani, con il padre del ragazzo, Claudio Regeni, e il legale di famiglia Alessandra Ballerini. “Quello che è successo a Giulio non è stato un caso isolato, come è stato detto dal governo egiziano”, ha sottolineato Paola Regeni. “E’ morbillo? Varicella? O forse le idee di mio figlio non piacevano? Giulio è morto sotto tortura, ma non era andato in guerra, era andato a fare ricerca. Non era un giornalista né una spia, ma un ragazzo del futuro che studiava”.
Non un caso isolato, ha confermato Riccardo Noury, presidente di Amnesty International in Italia, che ha elencato i dati su torture e arresti nel Paese di al Sisi. Noury ha ricordato che nel 2015 in Egitto sono state 464 le sparizioni forzate di persone e 676 i casi di tortura. E nel 2016 sono già 88 i casi di tortura, con 8 morti. E “due attivisti sono morti negli stessi giorni di Giulio Regeni, e il governo anche in quel caso ha attribuito la colpa a criminali comuni”. E’ dunque “necessario continuare a tenere collegata la storia di Giulio con il contesto di negazione sistematica dei diritti umani che c’è, non da oggi, in Egitto”, ha affermato Noury. “Perché questo collegamento lo negano le autorità egiziane e perché è reale alla luce delle circostanze in cui Giulio è scomparso, dell’ennesimo caso di violazione dei diritti umani in quel Paese”.
“Continuerò a dire ‘verità per Giulio‘”, ha chiarito la madre del giovane assassinato, ripetendo lo slogan scritto sulla bandiera di Amnesty srotolata nell’aula Nassiriya del Senato prima dell’inizio della conferenza stampa. “Siamo qui per dire che continueremo a batterci per gli ideali e i valori di Giulio”. La conferenza stampa, ha spiegato Manconi, è stata indetta anche per rispondere all’ultima versione ufficiale fornita dal Cairo, quella dei cinque delinquenti comuni, uccisi in un conflitto a fuoco, “che amavano travestirsi da poliziotti. Una versione grottesca, con tratti di oscenità”.
Il senatore Pd ha ricordato un incontro dei genitori avvenuto lo scorso 16 marzo in commissione: “In quella sede i genitori di Giulio Regeni e il loro avvocato fecero una drammatica previsione. La fecero quasi per esorcizzarla e dissero che temevano che l’esito di questa vicenda potesse portare a trovare dei colpevoli qualsiasi”. Manconi ha anche chiesto di “rivedere” i rapporti diplomatici con Il Cairo e di valutare “il richiamo, non il ritiro”, dell’ambasciatore italiano. E l’unità di crisi della Farnesina potrebbe considerare “non sicuro” l’Egitto in risposta al caso, cosa che “avrebbe effetti non insignificanti sui flussi turistici verso quel Paese”.
Il padre di Giulio, Claudio, ha ricostruito il curriculum del ragazzo, dall’elezione a “sindaco dei giovani” a Fiumicello, il paese d’origine in provincia di Udine, fino al lavoro sul campo al Cairo per il dottorato. Claudio Regeni ha sottolineato che il figlio era “tranquillo” prima dell’ultima partenza per la capitale egiziana.
Il legale della famiglia Alessandra Ballerini ha sottolineato la completa collaborazione degli amici di Giulio, che hanno consegnato ai carabinieri del Ros i propri cellulari nella speranza svelassero elementi utili. Utili a smontare anche le tante suggestioni fatte filtrare dal Cairo. Per esempio, ha ricordato il legale, l’esame tossicologico sul cadavere dimostra che era “il ragazzo più pulito del mondo”, rispetto alle voci secondo cui sarebbero stati trovati 15 grammi di marijuana vicino al suo corpo.
“Ci siamo interrogati se mostrare la foto” del cadavere, ha spiegato l’avvocato Ballerini, spiegando che poi si è deciso di non farlo. Paola Regeni si è soffermata sullo stato del corpo restituito alla famiglia: l’unica cosa riconoscibile nel volto sfigurato dalle torture, all’obitorio di Roma, era “la punta del suo naso”. E’ “forse dall’antifascismo“, ha aggiunto, “che noi in Italia non ci troviamo di fronte alla tortura, ma Giulio non era in guerra era andato a fare ricerca”.
L’avvocato ha sottolineato che “la piccola marcia indietro” rispetto alla versione secondo cui Regeni sarebbe stato ammazzato da cinque persone, uccise dalle forze di sicurezza egiziana, è avvenuto “soltanto grazie alla mobilitazione che c’è stata del Paese”. Ma senza una mobilitazione simile, ha avvertito l’avvocato, “domani ce ne vendono un’altra”. La famiglia di Giulio Regeni sta per formalizzare la nomina di legali anche in Egitto, ha annunciato.
Paola Regeni è tornata a smentire qualunque legame tra Giulio e apparati di sicurezza. “Noi, a livello viscerale, sapevamo che nostro figlio non era nei servizi segreti, con tutto il rispetto per chi fa il lavoro di intelligence”. Lo ha detto la madre nel corso della conferenza stampa al Senato spiegando che anche se Giulio Regeni era andato via di casa ormai da dieci anni, tra i genitori e lui c’era un rapporto strettissimo, e Giulio teneva i genitori informati sulle sue attività.
La prossima tappa è il 5 aprile, quando è in programma a Roma un incontro tra inquirenti delle polizie egiziana e italiana. “Se il 5 aprile sarà una giornata vuota confidiamo in una risposta forte del nostro governo perché è dal 25 (gennaio, ndr) sera, quando Giulio è scomparso, che attendiamo una risposta”, ha affermato in proposito Paola Regeni.