Sensibilità Chimica Multipla, l’Aids del futuro: in attesa di prossime mosse e sviluppi di governo, la recente apertura di Beatrice Lorenzin riporta la ‘malattia invisibile’ nel dibattito di Montecitorio. “La dichiarazione del Ministero della Salute deve far comprendere l’urgenza di intervenire, dobbiamo essere nelle condizioni di riaprire l’elenco dei Livelli Essenziali di Assistenza per inserire quelle malattie rare, come l’Mcs la fibromialgia, rimaste senza tutela per i troppi ammalati che, giustamente, rivendicano il diritto di cura”. Cittadini esclusi, esuli in patria nella sanità delle zone grigie all’italiana. Ci sarà mai posto per loro?
“Mi sono confrontata più volte col sottosegretario Vito De Filippo: se ci sono nuovi studi medico-scientifici, va tracciato subito un percorso di riconoscimento. Ne faccio una battaglia di civiltà della nostra società”. Me lo ha ripetuto al telefono Daniela Sbrollini (Pd), nel 2013 presentò una corposa proposta di legge sulla Sensibilità Chimica Multipla (“come tutela del diritto al lavoro e politica d’inclusione prevedeva pure il telelavoro”), mestamente arenata nelle paludi parlamentari. Ma il vento sta cambiando? “Principalmente servono protocolli sanitari e poi andrebbero create strutture idonee nel nostro paese”, ribatte la parlamentare veneta che, dopo un appello sulla stampa locale, ha fatto convergere 30mila euro da donazioni private, servite a pagare ‘trasporto protetto’ e cure disintossicanti a Londra di una donna costretta a vivere in macchina, gravemente provata dagli effetti devastanti delle neurotossine ambientali: “Conosco personalmente almeno una decina di casi di persone con sensibilità chimica, patologia altamente invalidante. Uno dei problemi è che, senza un riconoscimento nazionale (adesso alla mercé di regioni alterne!), non ci sono neppure strutture pubbliche idonee al ricovero, tantomeno di primo soccorso”. Sbrollini mi parla di un’equipe di medici e ricercatori di Verona con cui è in stretto contatto: “All’ospedale si stanno adoperando per creare un’area ‘bonificata’ dove effettuare le visite e fare diagnosi in modalità protetta, senza esporre i malati ad evitabili pericoli ambientali. E a settembre, stavolta dall’Università di Verona, partirà una nuova ricerca sui processi metabolici legati all’Mcs”.
Sbrollini mi confida di essere fiduciosa per una rivalutazione in Commissione Sanità, forte del dialogo col ministro Lorenzin. E quando le chiedo un commento sui rischi legati all’ipotesi di pregiudizievoli conflitti d’interesse gravanti su tecnici e specialisti che potrebbero pregiudicarne il buon esito, rispolvera l’estrazione ambientalista che è in lei: “Una cosa è certa, non si può continuare a far finta di nulla. Se ci sono territori inquinati e la gente continua ad ammalarsi di una malattia che non è più poi tanto rara, allora vuol dire che servono misure molto più drastiche. Non strumenti tradizionali: sanità e ambiente devono lavorare assieme sulla prevenzione. La politica non può arrivare sempre dopo…”
E sulle modalità del riconoscimento, bocciato già nel 2008 dal Consiglio Superiore di Sanità (l’organo a cui Lorenzin s’è rivolta adesso per capire come e se riaprire la partita MCS), continua l’imbeccata delle associazioni, che mettono le mani avanti per non (ri)cadere indietro: “Abbiamo inviato al Ministero della Salute copiosa documentazione – mi ha scritto Francesca Romano Orlando dell’onlus Amica per le Malattie da Intossicazione Cronica Ambientale – tra cui una proposta di Protocollo diagnostico-terapeutico per la MCS realizzato con Chiara De Luca e il suo gruppo di ricerca che ha pubblicato ricerche scientifiche sulla malattia. Ci auguriamo che il Ministero affidi la valutazione a medici privi di conflitti di interesse e che negli ultimi 5 anni non abbiano lavorato per l’industria chimica o farmaceutica, né a medici che ne possiedano azioni”.
Rimorsi senza veli anche da Giulia Lo Pinto (Amici Mcs Onlus): “L’Italia poteva essere la prima nazione in Europa ad accogliere e curare i malati, se solo le autorità politiche e sanitarie avessero approvato i protocolli e documenti internazionali per la cure della Mcs, presentanti da anni al Ministero”. Come lei, Albina Alghisi (associazione Mcs Anima): “Ritengo sia un doveroso intervento salvare la vita di quelle persone ridotte in fin di vita e a chiedere l’elemosina per un diritto che gli viene negato, più precisamente l’articolo 32 della Costituzione Italiana, il diritto alla salute”. Pare poco, ma è tanto…