Mentre con lo Sblocca italia il governo Renzi autorizza nuovi inceneritori, sempre più comuni e famiglie in tutta Italia si muovono in direzione “ostinata e contraria”, cioè verso i rifiuti zero.

Sabato scorso sono stata invitata all’Education Training organizzato dal Centro Ricerca Rifiuti Zero di Capannori, per testimoniare la nostra esperienza di riduzione e monitoraggio rifiuti a livello familiare: riducendo a monte e riciclando tutto ciò che è possibile, abbiamo prodotto solo 0,6 kg di rifiuti indifferenziati in un anno a testa. Le medie italiane parlano di più di mezza tonnellata di rifiuti totali a testa, di cui almeno la metà è indifferenziata. Il nostro non è un risultato da eremiti o ossessionati, è un risultato raggiunto da una famiglia normale, che vive in affitto e ha 3 figli.

Ridder il cane spazzino di Oslo

Per diffondere la nostra esperienza abbiamo prodotto un vademecum e coinvolto tante altre famiglie nel progetto. Inizialmente sembra difficile, quasi impossibile, l’importante è andare avanti a piccoli passi. Il principio fondamentale è quello di prevenire i rifiuti, non portarseli in casa. In secondo luogo differenziare attentamente (magari con l’aiuto dei bambini). Ad esempio: anziché comprare tanti piccoli pacchi di biscotti che a sua volta hanno imballaggi interni con materiale indifferenziato, possiamo comprare un pacco grande in carta riciclabile, o addirittura autoprodurli. Anziché comprare verdura in vaschette di polistirolo, compriamo verdura fresca al mercato portandoci la sporta. Anziché comprare dentifricio in tubetti non riciclabili, con pochi soldi e pochi minuti, possiamo farcene uno in casa (ecco le nostre ricette). Anziché comprare cereali imballati, compriamoli sfusi dalla fornaia o dal produttore locale. Anziché usare pannolini e assorbenti usa e getta, usiamo pannolini lavabili per i nostri bimbi e assorbenti lavabili o coppette mestruali per noi donne. Anche la salute ne gioverà. La lista potrebbe essere lunghissima. Sembra strano, ma quando si inizia la vita diventerà più semplice e ricca. Quando vado a prendere il gelato o le olive, mi porto il mio contenitore; quando vado a prendere il latte  mi porto le mie bottiglie e le riempio alla spina. Quando vado a comprare il miele al mercato, restituisco i vuoti all’apicoltrice. Pian piano diventa una questione di abitudine. L’organico lo butto nella compostiera artigianale in terrazzo, ma mi piacerebbe coinvolgere i vicini e gestire una compostiera di comunità.

L’impegno dei cittadini e dei negozianti da solo non può bastare. I comuni devono incentivare e facilitare queste pratiche, dare informazioni,anche in accordo con la Ausl, organizzare la raccolta differenziata con il metodo porta a porta, dando un incentivo ai cittadini che riducono i rifiuti tramite la tariffazione puntuale. A questo punta anche la legge regionale sui rifiuti dell’Emilia Romagna.

La mia famiglia, pur producendo pochissimi rifiuti, paga le tasse quanto una famiglia che produce una montagna di rifiuti, a parità di metri quadrati (noi abitiamo in circa 56 metri quadrati). Questo è profondamente ingiusto e disincentivante. Chi si occupa di raccolta differenziata, inoltre, non dovrebbe essere lo stesso gestore che si occupa di smaltimento: da noi Hera gestisce la raccolta differenziata ma anche l’inceneritore e la discarica. Anche un bambino potrebbe capire che in questo modo non c’è interesse a ridurre la quantità di materia che va all’inceneritore.

Al corso di formazione del Centro ricerche Rifiuti Zero si è parlato non solo dell’eccellenza di Capannori ma anche di tante altre buone pratiche di amministrazioni. Esempi di compostaggio di comunità sperimentate in città come Messina, ci mostrano che per ottenere ottimi risultati basterebbe in fondo, copiare.

Benché sia in direzione ostinata e contraria, la strada verso i rifiuti zero è l’unica strada percorribile. L’unica che può garantire un futuro sostenibile ai nostri figli, che vale davvero la pena percorrere.

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