È impossibile evitare di dirottare un aereo in caso di credibile minaccia terroristica. Anche se non si è certi che il sedicente attentatore sia armato. Se invece che sull’EgyptAir, Sayf al-Din Mustafa fosse salito a bordo su un volo europeo con l’intenzione di dirottare il velivolo su Cipro, i piloti si sarebbero comportati come i colleghi egiziani.
“Meglio dirottare un aereo in più per un falso allarme che dover affrontare problemi maggiori”. Lo dice Daniele Recine, del coordinamento nazionale piloti dell’Anpac (Associazione nazionale professionale aviazione civile). “I piloti in volo – spiega – sono tenuti a prendere in considerazione qualunque allarme credibile”. E questo vale dal passeggero che si sente male fino all’allarme bomba sul velivolo. Una volta a bordo, il dirottatore ha già vinto. Semmai Sayf al-Din Mustafa andava fermato ai controlli, visto che aveva una cintura definita poi “sospetta”, per quanto fosse passata indenne sotto i metal detector. Tanto è bastato a rendere la sua minaccia concreta. A quel punto, anche se fosse stato l’aereo della compagnia più sicura del mondo, i piloti avrebbero dovuto cominciare le manovre di atterraggio nell’aeroporto più vicino.
“Tutte le regole di sicurezza dopo l’11 settembre 2001 sono cambiate e da allora non si è più tornati indietro”. Un esempio: nel caso di passeggeri molesti (“unruly” nel gergo inglese), un pilota non può lasciare i comandi per il rischio di essere aggredito. Rischio ancora più concreto in caso di “sospetto terrorista”. L’altra faccia della medaglia del giro di vite post 11 settembre.
L’allerta sul volo dell’EgyptAir, ovviamente, è stata condizionata anche dall’area di partenza volo. In Egitto, solo il 31 ottobre scorso, grazie alla connivenza di alcuni dipendenti dell’aeroporto, la cellula dell’Isis del Sinai ha potuto organizzare l’attentato sull’Aerbus russo in cui a bordo c’erano 224 persone. “Se mi chiede se oggi in un aeroporto nel mondo è possibile che un uomo da solo salga su un aereo con delle armi, le rispondo che è impossibile”, chiarisce Recine. E se c’è un lato positivo della paradossale storia dell’EgyptAir è che anche in questo caso non è stato il sistema di sicurezza ad incappare in una falla clamorosa.
Il falso allarme di oggi non cancella un dato. Nella storia della compagnia egiziana i dirottamenti accadono spesso. Sono otto i casi in cui un pilota ha dovuto cambiare aeroporto di destinazione durante il volo. In un caso con un finale tragico. Nel novembre 1985 un gruppo di terroristi agli ordini di Abu Ndidal prese il controllo di un velivolo in partenza da Atene e lo dirottò su Malta: 50 passeggeri morti, più i sei dirottatori.
“Sono pochissimi gli esempi di dirottamenti analoghi nella storia – aggiunge il pilota dell’Anpac Daniele Recine -. L’unico rischio che vedo è la possibile emulazione”. Per trovare altri casi bisogna scavare nel passato. È negli anni ’70 che i dirottamenti sono diventati una minaccia concreta. Erano opera soprattutto dei guerriglieri palestinesi. È da allora che si passano le valigie ai raggi X, misura che però non impedisce a persone con disturbi mentali di dirottare aerei. Anche dopo la strage delle Torri Gemelle.
Nell’ultimo decennio sono una decina i casi analoghi al dirottamento odierno. L’ultimo il 17 febbraio 2014: il copilota di un aereo Ethiopian Airlines con 202 persone a bordo, in viaggio da Addis Abeba a Roma, dirotta il velivolo e devia a Ginevra, dove chiede asilo politico. Una gran paura per i passeggeri ma nient’altro.